Analisi » Ferramenta, fatturato in crescita del 22% nel periodo 2019-2021: la ricerca di Assofermet
Ferramenta, fatturato in crescita del 22% nel periodo 2019-2021: la ricerca di Assofermet
Le aziende del settore ferramenta hanno registrato una crescita del fatturato del 22% tra il 2019 e il 2021. È questo uno dei dati della ricerca di Assofermet e Creditsafe, relativa allo stato di salute del settore delle ferramenta in Italia, presentata da Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta, e Luca Berti, Country Manager di Creditsafe Italia, in occasione del convegno “Il mercato dopo i Bonus, tra caro energia e green deal” nel corso dell’International Hardware Fair Italy di Bergamo.
Per gli indicatori economici, in particolare, sono stati approfonditi i bilanci di tutte le 4000 aziende del settore che mettono a disposizione i loro dati. Il fatturato complessivo è passato a 15,35 miliardi nel 2021 (i dati del 2022 non sono ancora completi), crescendo del 22% rispetto ai 12,58 miliardi del 2019. Una media che include l’aumento del 24% per le aziende grossiste e del 19% per le ferramenta al dettaglio.
Il margine operativo lordo è aumentato in media del 49%, con una crescita del 71% per i grossisti e del 26% per il commercio al dettaglio. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale l’aumento dei listini: il costo della produzione è aumentato complessivamente del 19%, passando da 12,30 miliardi complessivi nel 2019 a 14,70 miliardi due anni più tardi.
Lo squilibrio geografico nella distribuzione del fatturato è notevole. Tra i commercianti all’ingrosso, oltre il 60% del fatturato proviene da 5 regioni: Lombardia, Veneto, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Campania. Una distribuzione simile è prevalente anche nel commercio al dettaglio: Lombardia, Lazio, Veneto, Piemonte e Campania sono titolari insieme di oltre il 60% del fatturato.
Qual è il contesto in cui si sono sviluppati questi importanti risultati economici? Tra il 2019 e il 2022, in Italia il numero di società attive è diminuito, a fronte di un incremento del numero dei dipendenti.
Rispetto alle circa 20.900 imprese attive nel 2019, nel 2020 sono diminuite del 4%, per un totale di circa 20.000. Un dato medio che ha visto un’incidenza maggiore per i venditori al dettaglio, diminuiti del 4,4%, e che riguarda soprattutto le società individuali e società di persone. Viceversa, le società di capitali sono aumentate: i venditori al dettaglio con questa formula societaria erano 3500 nel 2019 e 3600 nel 2022.
L’impatto del decremento delle imprese attive nel settore è distribuito diversamente lungo la Penisola: nel nord-ovest la riduzione è stata del 5,9%, nel nord-est del 4,8% e nel centro Italia dell’8%. Nel sud del Paese la riduzione si ferma al -1,4% e nelle isole al -1,3%.
Per quanto riguarda il numero di dipendenti nelle aziende del settore, la tendenza è esattamente opposta: nel 2022, su tutta la penisola lavorava il 5% dei dipendenti in più rispetto al 2019: da 68.500 lavoratori si è passati a circa 72.000. L’incremento maggiore è stato nel nord Italia: +7,2% nel nord-ovest, +8,1% nel nord-est – nelle due aree si è passati rispettivamente a 27.860 e 16.856 dipendenti. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, il dato più interessante è l’aumento del 13% dei lavoratori nelle aziende grossiste; le aziende che vendono al dettaglio non hanno subito particolari variazioni.
“Possiamo immaginare due tipi di cause per questo quadro generale.” ha commentato Luca Berti, Country Manager di Creditsafe Italia. “Da un lato, se il numero di aziende è diminuito, in parte è perché soltanto alcune imprese sono riuscite a resistere alle grandi sfide degli ultimi anni, dalla pandemia alla crisi delle materie prime. Dall’altro, è anche evidente il fenomeno di concentrazione di imprese che si sono unite per avere strutture più organizzate che permettessero di sopportare meglio il periodo di incertezza e difficoltà”.
In un settore così in salute, in espansione e di fondamentale importanza nella vita quotidiana degli italiani, il principale rischio è quello della transizione generazionale. Quasi il 42% degli imprenditori del settore ha più di 60 anni. Un dato che fa pensare, soprattutto se si pensa che nelle ferramenta al dettaglio le società individuali e di persone sono molto di più rispetto alle società di capitale.
“Lo stato di salute delle ferramenta si inserisce all’interno di un quadro generale ricco di tematiche pubbliche che interessano direttamente il settore.” ha dichiarato Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta. “Nell’ambito degli impegni per l'efficientamento energetico, per esempio, anche le ferramenta giocano un ruolo strategico. Politiche di sostegno a ristrutturazioni e riqualificazioni ordinarie dovrebbero essere promosse soprattutto per le famiglie a più basso reddito.”
Per gli indicatori economici, in particolare, sono stati approfonditi i bilanci di tutte le 4000 aziende del settore che mettono a disposizione i loro dati. Il fatturato complessivo è passato a 15,35 miliardi nel 2021 (i dati del 2022 non sono ancora completi), crescendo del 22% rispetto ai 12,58 miliardi del 2019. Una media che include l’aumento del 24% per le aziende grossiste e del 19% per le ferramenta al dettaglio.
Il margine operativo lordo è aumentato in media del 49%, con una crescita del 71% per i grossisti e del 26% per il commercio al dettaglio. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale l’aumento dei listini: il costo della produzione è aumentato complessivamente del 19%, passando da 12,30 miliardi complessivi nel 2019 a 14,70 miliardi due anni più tardi.
Lo squilibrio geografico nella distribuzione del fatturato è notevole. Tra i commercianti all’ingrosso, oltre il 60% del fatturato proviene da 5 regioni: Lombardia, Veneto, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Campania. Una distribuzione simile è prevalente anche nel commercio al dettaglio: Lombardia, Lazio, Veneto, Piemonte e Campania sono titolari insieme di oltre il 60% del fatturato.
Qual è il contesto in cui si sono sviluppati questi importanti risultati economici? Tra il 2019 e il 2022, in Italia il numero di società attive è diminuito, a fronte di un incremento del numero dei dipendenti.
Rispetto alle circa 20.900 imprese attive nel 2019, nel 2020 sono diminuite del 4%, per un totale di circa 20.000. Un dato medio che ha visto un’incidenza maggiore per i venditori al dettaglio, diminuiti del 4,4%, e che riguarda soprattutto le società individuali e società di persone. Viceversa, le società di capitali sono aumentate: i venditori al dettaglio con questa formula societaria erano 3500 nel 2019 e 3600 nel 2022.
L’impatto del decremento delle imprese attive nel settore è distribuito diversamente lungo la Penisola: nel nord-ovest la riduzione è stata del 5,9%, nel nord-est del 4,8% e nel centro Italia dell’8%. Nel sud del Paese la riduzione si ferma al -1,4% e nelle isole al -1,3%.
Per quanto riguarda il numero di dipendenti nelle aziende del settore, la tendenza è esattamente opposta: nel 2022, su tutta la penisola lavorava il 5% dei dipendenti in più rispetto al 2019: da 68.500 lavoratori si è passati a circa 72.000. L’incremento maggiore è stato nel nord Italia: +7,2% nel nord-ovest, +8,1% nel nord-est – nelle due aree si è passati rispettivamente a 27.860 e 16.856 dipendenti. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, il dato più interessante è l’aumento del 13% dei lavoratori nelle aziende grossiste; le aziende che vendono al dettaglio non hanno subito particolari variazioni.
“Possiamo immaginare due tipi di cause per questo quadro generale.” ha commentato Luca Berti, Country Manager di Creditsafe Italia. “Da un lato, se il numero di aziende è diminuito, in parte è perché soltanto alcune imprese sono riuscite a resistere alle grandi sfide degli ultimi anni, dalla pandemia alla crisi delle materie prime. Dall’altro, è anche evidente il fenomeno di concentrazione di imprese che si sono unite per avere strutture più organizzate che permettessero di sopportare meglio il periodo di incertezza e difficoltà”.
In un settore così in salute, in espansione e di fondamentale importanza nella vita quotidiana degli italiani, il principale rischio è quello della transizione generazionale. Quasi il 42% degli imprenditori del settore ha più di 60 anni. Un dato che fa pensare, soprattutto se si pensa che nelle ferramenta al dettaglio le società individuali e di persone sono molto di più rispetto alle società di capitale.
“Lo stato di salute delle ferramenta si inserisce all’interno di un quadro generale ricco di tematiche pubbliche che interessano direttamente il settore.” ha dichiarato Sabrina Canese, Presidente di Assofermet Ferramenta. “Nell’ambito degli impegni per l'efficientamento energetico, per esempio, anche le ferramenta giocano un ruolo strategico. Politiche di sostegno a ristrutturazioni e riqualificazioni ordinarie dovrebbero essere promosse soprattutto per le famiglie a più basso reddito.”
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