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La relazione con il cliente
Serve creare un profilo dei potenziali consumatori e gestire un database per comprendere se la relazione fra punto vendita e mercato è allineata alle aspettative del mercato.
Quando un’azienda inizia a raccogliere i primi dati per analizzare l’andamento generale dell’attività incomincia di solito con due numeri fondamentali: i ricavi totali e il risultato operativo. Si guardano in sostanza i due estremi di un conto economico riclassificato. Si tratta peraltro di una sintesi poco significativa ai fini della misurazione della performance ma universalmente adottata come ordine di grandezza generale.
Da qui in avanti si apre uno scenario di dati e metodologie di analisi che possono arrivare a modelli econometrici e previsionali anche piuttosto complicati, utili nella formulazione di proiezioni, nella stesura di budget di tesoreria e piani economico finanziari più o meno complessi e articolati. Attraverso i dati si misura l’efficacia della strategia da cui si originano le azioni commerciali.
Di norma tutte le analisi considerano poco un valore nella sua forma originale: la consistenza del portafoglio clienti attivi e la qualità del portafoglio stesso - ossia i profili di consumo che trovano nel negozio una risposta ai propri bisogni.
Questo valore viene frequentemente espresso e considerato in forma puramente quantitativa e poco in forma qualitativa, tanto è vero che questo dato, che sembrava basilare e universalmente apprezzato, è stato di recente messo in discussione.
La rivoluzione nasce dagli uomini di marketing e dai database da cui prendono forma i modelli di osservazione basati sul Crm (customer relationship management). Il presupposto di questa evoluzione si fonda sulla constatazione che il costo sostenuto per acquisire un nuovo cliente è di gran lunga superiore a quello necessario per realizzare nuove opportunità sui clienti già attivi.
Il customer relationship management nasce con l’obiettivo di aiutare le aziende nella fidelizzazione dei clienti, al fine di realizzare nuove opportunità intervenendo dove il cliente ha necessità prevedibili e soddisfabili. Fidelizzare il cliente significa conoscerlo, conoscere e prevederne i bisogni, capirne i tempi e rispondere alle sue segnalazioni ma soprattutto comprenderne i meccanismi di consumo cercando di capire quale tipo di relazione lo porti a frequentare l’area di vendita. Cerca una bell’area di vendita e ispirazione, cerca una consulenza, vuole semplicemente un prodotto?
Un cliente avrà forti motivazioni per restare fedele, se ravvisa nel fornitore una significativa attenzione alla sua identità.
Il Crm è lo strumento che consente la gestione delle relazioni con i clienti, al fine di averne sempre presente la situazione, prevederne le necessità e in definitiva mantenere viva nel cliente l’attenzione per l’azienda.
In base a queste nuove metodologie non è importante conoscere solo il numero di clienti o l’ubicazione geografica, piuttosto che altri parametri socio economici o socio demografici, ma diventa importante disporre di dati qualitativi dei singoli clienti intesi come singoli individui e pertanto caratterizzati da una serie di variabili che ne classificano le modalità secondo cui effettuano i propri acquisti e selezionano le aree di vendita dove approvvigionarsi nella consapevolezza che uno stesso consumatore ha atteggiamenti di acquisto diversi in relazione alla categoria merceologica oggetto dell’acquisto.
Quindi ci interessa conoscere quante differenti signore Carlotta entrano nel nostro punto vendita e soprattutto quante volte ritornano nell’arco dell’anno. Ma è soprattutto rilevante comprendere la motivazione della visita e le ragioni cui sono legate le aspettative e la misurazione della soddisfazione dopo il check out. Può sembrare strano ma non sempre il prodotto è al primo posto.
Analizzare la segmentazione del cliente e generare risposte mirate alle singole aree di consumo diventa quindi la piattaforma su cui basare la strategia da cui dipenderanno le azioni commerciali vere e proprie.
L’assortimento che risponde ai bisogni di una donna di 35 anni è diverso da quello che crea soddisfazione in una donna di 20 oppure 60 anni e le azioni mirate, necessarie per far sì che il punto vendita sia realmente configurato sul proprio bacino e sui clienti che lo frequentano, partono proprio dalla conoscenza specifica dei singoli clienti e dall’aggregazione di questi ultimi in gruppi che presentino medesimo stile, gusto e potenzialità di acquisto.
Va però sottolineato che, cercando prodotti diversi, le due signore Carlotta, l’attempata e la giovinetta, potrebbero cercare nel punto vendita la medesima relazione. Per arrivare a conoscere i propri clienti serve un database relazionale, ove ogni singola persona viene codificata attraverso tutta una serie di parametri che possono variare in funzione della profondità dell’analisi che si vuole effettuare. Ma perché affrontare simili complicazioni? Potendo disporre di dati elaborabili in chiave di Crm potremmo arrivare a conoscere il paniere di beni preferito dalle singole aree di consumo e arrivare a comprendere, per esempio, che solo il 10% dei clienti dell’area zoo garden compra anche delle piante nel vivaio, oppure che le donne, che potrebbero essere il 60% delle “teste” che frequentano il negozio, non comprano attrezzi e che quindi un display di 20 ml risulta essere esagerato ma soprattutto non rispondente alle esigenze della propria clientela. Non possiamo però non rilevare altre due cose: in molti punti vendita mancano anche i due numeri “originari” di cui abbiamo parlato, condizione che rende lontanissima la generazione di un Crm; gestire un Crm è oggettivamente difficile anche perché la prima forma di classificazione è una card attraverso cui non si deve solo fidelizzare ma catalogare e conoscere tutti i clienti.
La catalogazione di norma parte da una ricerca di mercato qualitativa o etnografica che permetta, prima di catalogare, di sapere cosa cercare.
La presunzione di poter analizzare “a naso” la propria clientela genera errori e conduce verso strade incerte, dove il costo della sperimentazione è spesso troppo elevato. Se il punto vendita avesse piena coscienza della propria clientela potrebbe invece costruire un piano commerciale pienamente rispondente al proprio target. Ma questo non accade e spesso la strada seguita è quella dell’emulazione, del sentito dire, del “questo va” e del “questo non va”, delle chiacchiere fini a se stesse e queste basi sono agli antipodi dei criteri che dovrebbero accompagnare l’impostazione di una strategia.
La distribuzione alimentare sta già realizzando i primi negozi Crm e i risultati sembrano molto promettenti perché questa strada fornisce una precisa identità al punto vendita e il cliente si riconosce in quest’ultimo. La strategia si costruisce su basi precise e la direzione da intraprende viene identificata con poche incertezze; questo è l’aspetto più significativo.
All’importanza di organizzare e gestire la conoscenza del più grande cespite aziendale - il portafoglio clienti - spesso non è dato il giusto peso ai fini della performance aziendale eppure sta quasi tutto lì. Il portafoglio clienti rappresenta il valore più importante per l’azienda ed è indispensabile fare di tutto per conoscerlo nella maniera più dettagliata possibile. Il database di marketing organizza le informazioni sulla clientela in modo tale da divenire il cuore della conoscenza dell’azienda.
La costruzione di un database di marketing ha come scopo:
Quale metodo seguire per raccogliere i dati e popolare il database di marketing?
Tutte le azioni di marketing, siano esse di massa, segmentate o one to one hanno bisogno di dati aggiornati e tempestivamente elaborati; affinché ciò sia possibile, ogni interazione azienda/cliente, e in modo particolare quelle venditore/cliente, deve arricchire il database clienti.
L’unità elementare del database di marketing è la scheda cliente, il file che riepiloga la sua storia e le sue caratteristiche. Nel caso del punto vendita è la scheda della tessera fedeltà, per esempio, che va costruita in modo funzionale all’identificazione del profilo. Dopo ogni contatto, quindi, il venditore deve dedicare un po’ del suo tempo a raccogliere i dati richiesti dalla scheda cliente, e trasferirli o farli trasferire nel sistema informativo, per aggiungere nuovi elementi alla conoscenza che l’azienda ha di quel determinato cliente. Anche le interazioni di ogni cliente con il call center o con un eventuale help desk devono essere “memorizzate” nella scheda cliente.
I problemi che si incontrano derivano tipicamente dalle resistenze culturali dei venditori, la maggior parte dei quali sono creature indipendenti e oppongono istintivamente resistenza a qualunque tentativo di imbrigliare e di integrare la propria attività in quelle dell’azienda. La realizzazione di programmi di marketing ha l’esigenza di condividere i “segreti” professionali dei venditori, finendo inevitabilmente con il ridurre la loro autonomia.
È necessario quindi, nel caso di un’azienda industriale o di distribuzione, stabilire con la direzione commerciale le “regole del gioco”, per esempio partendo dalle seguenti proposte:
Ma la prima cosa da fare è ricordare che la conoscenza del cliente è un patrimonio enorme che va tutelato.
Quando un’azienda inizia a raccogliere i primi dati per analizzare l’andamento generale dell’attività incomincia di solito con due numeri fondamentali: i ricavi totali e il risultato operativo. Si guardano in sostanza i due estremi di un conto economico riclassificato. Si tratta peraltro di una sintesi poco significativa ai fini della misurazione della performance ma universalmente adottata come ordine di grandezza generale.
Da qui in avanti si apre uno scenario di dati e metodologie di analisi che possono arrivare a modelli econometrici e previsionali anche piuttosto complicati, utili nella formulazione di proiezioni, nella stesura di budget di tesoreria e piani economico finanziari più o meno complessi e articolati. Attraverso i dati si misura l’efficacia della strategia da cui si originano le azioni commerciali.
Di norma tutte le analisi considerano poco un valore nella sua forma originale: la consistenza del portafoglio clienti attivi e la qualità del portafoglio stesso - ossia i profili di consumo che trovano nel negozio una risposta ai propri bisogni.
Questo valore viene frequentemente espresso e considerato in forma puramente quantitativa e poco in forma qualitativa, tanto è vero che questo dato, che sembrava basilare e universalmente apprezzato, è stato di recente messo in discussione.
Customer relationship management
La rivoluzione nasce dagli uomini di marketing e dai database da cui prendono forma i modelli di osservazione basati sul Crm (customer relationship management). Il presupposto di questa evoluzione si fonda sulla constatazione che il costo sostenuto per acquisire un nuovo cliente è di gran lunga superiore a quello necessario per realizzare nuove opportunità sui clienti già attivi.
Il customer relationship management nasce con l’obiettivo di aiutare le aziende nella fidelizzazione dei clienti, al fine di realizzare nuove opportunità intervenendo dove il cliente ha necessità prevedibili e soddisfabili. Fidelizzare il cliente significa conoscerlo, conoscere e prevederne i bisogni, capirne i tempi e rispondere alle sue segnalazioni ma soprattutto comprenderne i meccanismi di consumo cercando di capire quale tipo di relazione lo porti a frequentare l’area di vendita. Cerca una bell’area di vendita e ispirazione, cerca una consulenza, vuole semplicemente un prodotto?
Un cliente avrà forti motivazioni per restare fedele, se ravvisa nel fornitore una significativa attenzione alla sua identità.
Il Crm è lo strumento che consente la gestione delle relazioni con i clienti, al fine di averne sempre presente la situazione, prevederne le necessità e in definitiva mantenere viva nel cliente l’attenzione per l’azienda.
In base a queste nuove metodologie non è importante conoscere solo il numero di clienti o l’ubicazione geografica, piuttosto che altri parametri socio economici o socio demografici, ma diventa importante disporre di dati qualitativi dei singoli clienti intesi come singoli individui e pertanto caratterizzati da una serie di variabili che ne classificano le modalità secondo cui effettuano i propri acquisti e selezionano le aree di vendita dove approvvigionarsi nella consapevolezza che uno stesso consumatore ha atteggiamenti di acquisto diversi in relazione alla categoria merceologica oggetto dell’acquisto.
Quindi ci interessa conoscere quante differenti signore Carlotta entrano nel nostro punto vendita e soprattutto quante volte ritornano nell’arco dell’anno. Ma è soprattutto rilevante comprendere la motivazione della visita e le ragioni cui sono legate le aspettative e la misurazione della soddisfazione dopo il check out. Può sembrare strano ma non sempre il prodotto è al primo posto.
Analizzare la segmentazione del cliente e generare risposte mirate alle singole aree di consumo diventa quindi la piattaforma su cui basare la strategia da cui dipenderanno le azioni commerciali vere e proprie.
L’assortimento che risponde ai bisogni di una donna di 35 anni è diverso da quello che crea soddisfazione in una donna di 20 oppure 60 anni e le azioni mirate, necessarie per far sì che il punto vendita sia realmente configurato sul proprio bacino e sui clienti che lo frequentano, partono proprio dalla conoscenza specifica dei singoli clienti e dall’aggregazione di questi ultimi in gruppi che presentino medesimo stile, gusto e potenzialità di acquisto.
Va però sottolineato che, cercando prodotti diversi, le due signore Carlotta, l’attempata e la giovinetta, potrebbero cercare nel punto vendita la medesima relazione. Per arrivare a conoscere i propri clienti serve un database relazionale, ove ogni singola persona viene codificata attraverso tutta una serie di parametri che possono variare in funzione della profondità dell’analisi che si vuole effettuare. Ma perché affrontare simili complicazioni? Potendo disporre di dati elaborabili in chiave di Crm potremmo arrivare a conoscere il paniere di beni preferito dalle singole aree di consumo e arrivare a comprendere, per esempio, che solo il 10% dei clienti dell’area zoo garden compra anche delle piante nel vivaio, oppure che le donne, che potrebbero essere il 60% delle “teste” che frequentano il negozio, non comprano attrezzi e che quindi un display di 20 ml risulta essere esagerato ma soprattutto non rispondente alle esigenze della propria clientela. Non possiamo però non rilevare altre due cose: in molti punti vendita mancano anche i due numeri “originari” di cui abbiamo parlato, condizione che rende lontanissima la generazione di un Crm; gestire un Crm è oggettivamente difficile anche perché la prima forma di classificazione è una card attraverso cui non si deve solo fidelizzare ma catalogare e conoscere tutti i clienti.
La catalogazione di norma parte da una ricerca di mercato qualitativa o etnografica che permetta, prima di catalogare, di sapere cosa cercare.
Cosa cercare?
La presunzione di poter analizzare “a naso” la propria clientela genera errori e conduce verso strade incerte, dove il costo della sperimentazione è spesso troppo elevato. Se il punto vendita avesse piena coscienza della propria clientela potrebbe invece costruire un piano commerciale pienamente rispondente al proprio target. Ma questo non accade e spesso la strada seguita è quella dell’emulazione, del sentito dire, del “questo va” e del “questo non va”, delle chiacchiere fini a se stesse e queste basi sono agli antipodi dei criteri che dovrebbero accompagnare l’impostazione di una strategia.
La distribuzione alimentare sta già realizzando i primi negozi Crm e i risultati sembrano molto promettenti perché questa strada fornisce una precisa identità al punto vendita e il cliente si riconosce in quest’ultimo. La strategia si costruisce su basi precise e la direzione da intraprende viene identificata con poche incertezze; questo è l’aspetto più significativo.
All’importanza di organizzare e gestire la conoscenza del più grande cespite aziendale - il portafoglio clienti - spesso non è dato il giusto peso ai fini della performance aziendale eppure sta quasi tutto lì. Il portafoglio clienti rappresenta il valore più importante per l’azienda ed è indispensabile fare di tutto per conoscerlo nella maniera più dettagliata possibile. Il database di marketing organizza le informazioni sulla clientela in modo tale da divenire il cuore della conoscenza dell’azienda.
La costruzione di un database di marketing ha come scopo:
- gestire la conoscenza in modo organizzato;
- capitalizzare la storia dei singoli clienti;
- fornire una visione globale e analitica delle opportunità di sviluppo della clientela;
- porre le basi per l’istituzione di un rapporto personalizzato con il cliente;
- definire i piani di vendita sul singolo cliente e attuare il monitoraggio dell’avanzamento del budget a livello di singolo cliente, di gruppi di clienti e di totale azienda;
- creare campagne di marketing diretto o di telemarketing.
Quale metodo seguire per raccogliere i dati e popolare il database di marketing?
Tutte le azioni di marketing, siano esse di massa, segmentate o one to one hanno bisogno di dati aggiornati e tempestivamente elaborati; affinché ciò sia possibile, ogni interazione azienda/cliente, e in modo particolare quelle venditore/cliente, deve arricchire il database clienti.
L’unità elementare del database di marketing è la scheda cliente, il file che riepiloga la sua storia e le sue caratteristiche. Nel caso del punto vendita è la scheda della tessera fedeltà, per esempio, che va costruita in modo funzionale all’identificazione del profilo. Dopo ogni contatto, quindi, il venditore deve dedicare un po’ del suo tempo a raccogliere i dati richiesti dalla scheda cliente, e trasferirli o farli trasferire nel sistema informativo, per aggiungere nuovi elementi alla conoscenza che l’azienda ha di quel determinato cliente. Anche le interazioni di ogni cliente con il call center o con un eventuale help desk devono essere “memorizzate” nella scheda cliente.
I problemi che si incontrano derivano tipicamente dalle resistenze culturali dei venditori, la maggior parte dei quali sono creature indipendenti e oppongono istintivamente resistenza a qualunque tentativo di imbrigliare e di integrare la propria attività in quelle dell’azienda. La realizzazione di programmi di marketing ha l’esigenza di condividere i “segreti” professionali dei venditori, finendo inevitabilmente con il ridurre la loro autonomia.
È necessario quindi, nel caso di un’azienda industriale o di distribuzione, stabilire con la direzione commerciale le “regole del gioco”, per esempio partendo dalle seguenti proposte:
- il responsabile commerciale deve insistere affinché tutti i contatti con i clienti vengano inseriti nel sistema informativo in tempo reale: è possibile farlo introducendo un metodo di ricompense e penalità, ma non esiste alcun degno sostituto di un vero e proprio ordine impartito dall’alto, che imponga l’aggiornamento degli archivi clienti dopo ogni singolo contatto. Nel punto vendita è la barriera casse che agisce a seguito dell’utilizzo di una tessera fedeltà;
- controllare assiduamente il database per accertarsi che la disposizione venga eseguita;
- revisione trimestrale, a cura dei venditori, dei dati sui clienti.
Ma la prima cosa da fare è ricordare che la conoscenza del cliente è un patrimonio enorme che va tutelato.
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