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Ambiente e filiera del packaging
…quali sono le azioni di ciascun player della supply chain per salvaguardare l’ambiente?
In tutti i settori e a tutti i livelli della filiera si parla di “ambiente”, “Eco”, ”emissione di CO2” e così via. Difficile capire oggi cosa realmente viene fatto dalle industrie, cosa è semplicemente una promessa di marketing.
Una delle filiere più diffuse in Italia che ha un evidente impatto ambientale è sicuramente la filiera del packaging in plastica (Fig.1)., in cui si possono identificare quattro elementi tradizionali:
aziende produttrici di materie prime; converter, trasformatori di materiali; utenti finali; oggi viene riconosciuto anche un quinto elemento, che ha una forte influenza sul processo decisionale di tutta la supply chain: “la grande distribuzione organizzata (GDO).
Qual’è l’impegno delle aziende in ciascuna di queste fasi per aiutare l’ambiente?
Primo livello: è costituito dai grandi gruppi industriali che producono materie prime, necessarie alla produzione di materiale di imballaggio. Le materie prime come si può osservare da fig2 . si distinguono in Biodegradabile e Non-biodegradabile di derivazione fossile (ad es. petrolio convenzionale, petrolio pesante, sabbie petrolifere, metano e carbone) o di biomassa (sostanze di origine animale e vegetale, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia).
Oggi la materie prime maggiormente impiegate appartengono alla categoria non-biodegradabile di origine fossile, quali ad esempio resine di polipropilene (Fig.3), polietilene e così via.
Secondo livello: le aziende produttori di materiali di packaging si stanno quindi sempre più organizzando verso prodotti e/o soluzioni alternative, ovvero verso la forte riduzione degli spessori e dei pesi utilizzati oltre che verso l’impiego di materiali biodegradabili, sintesi di nuovi monomeri per la produzione di materie plastiche. Il PLA (acido-polialittico), ad esempio, prodotto derivante dal mais (Fig.4), racchiude una vasta famiglia di bio-polimeri, dotati di elevata versatilità applicativa e riciclabili per compostaggio. Numerosi sono i settori applicativi in cui viene impiegato: fibre tessili, films sottili per imballaggio, foglie per termoformatura, produzione di preforme e bottiglie e stampaggio di articoli vari; in quanto le sue prestazioni sono confrontabili, in generale, con quelle di articoli analoghi ottenuti da materie plastiche tradizionali (per esempio per trasparenza, brillantezza, barriera agli aromi, saldabilità dei films a caldo eccetera).
Gli articoli in PLA, materiale chiaramente ammesso al contatto con alimenti dalla legislazione corrente, stanno incontrando buon successo anche presso i consumatori europei come alternativa ecosostenibile; in particolare per cibi freschi (formaggi, prodotti da forno, ortofrutta, carne bio eccetera) come pure stoviglie e posaterie monouso.
Vi sono però anche alcune controindicazioni all’uso del mais nel settore chimico. Il mais costituisce la base della maggior parte degli alimenti e il suo impiego nella produzione di energia o comunque di materiali per l’imballaggio potrebbe portare i produttori di mais a preferire quest’ultima destinazione alla prima in quanto comporta per loro sicuramente maggiori utili, ma comporterebbe anche un danno inestimabile “alla fame nel mondo”.
Terzo livello: è costituito dai converts, ovvero da coloro che stampano e tagliano a misura il materiale, che verrà poi impiegato per confezionare ogni genere di prodotto food e non food.
In che modo anche i converters possono aiutare il nostro ambiente?
Nel settore della stampa degli imballaggi flessibili il dito è puntato contro gli inchiostri a solvente, giudicati troppo inquinanti.. P.
La recente evoluzione della flessografia è legata in gran parte alle nuove normative europee miranti a ridurre le emissioni di composti organici volatili (Cov) nell’atmosfera. Da allora gli stampatori che utilizzano inchiostri a solvente devono dotarsi di inceneritori di vapore.
Ma si propone un’altra soluzione: attuare un programma di riduzione che limiti progressivamente il consumo degli inchiostri a solvente a vantaggio di quelli a base d’acqua per gli imballaggi flessibili. Gli inchiostri ad acqua, onnipresenti nel cartone e in misura minore nella carta, si stanno evolvendo anche per la stampa su film plastici e altri supporti non assorbenti.
Quarto livello: Finalmente siamo agli end user, l’ultimo anello della supply chain. In questo caso la riduzione di imballaggio diventa la parola d’ordine sia per l’ambiente ma anche per una riduzione dei costi. Le soluzioni che si possono osservare sono molteplici, una tra le più diffuse sono le confezioni multipack per bevande, prodotti alimentari e non, utilizzati soprattutto per attività promozionali.
Questo sistema, che prevede di raggruppare più prodotti, permette di ridurre notevolmente la quantità di imballaggio, mantenendo intatta l’immagine del brand e di grande visibilità dei prodotti sugli scaffali. (fig. tetrabrick, sprite e skipper).
Un altro esempio è rappresentato dalle aziende produttrici di detersivi. Sempre più diffusa è infatti la soluzione della “ricarica” del prodotto.
Quinto livello: La GDO è sempre più attenta a presentare al mercato soluzioni che vengano incontro a questa esigenza sempre più forte. Come? Eliminando, o quasi, l’imballaggio.
Una delle novità che la GDO ha importato nel nostro paese, ma già ampiamente diffusa all’estero ormai da molti anni, è vendere prodotti quali pasta, detersivi, caffè in modalità sfusa.
In Italia oggi solo la Crai e Auchan stanno percorrendo con convinzione questa strada e i risultati sono assolutamente soddisfacenti. I risparmi sullo scontrino possono raggiungere il 70% rispetto ai prezzi delle marche leader; con il vantaggio di poter acquistare solo la quantità desiderata del prodotto inserendola in un sacchetto biodegradabile, pronti da riutilizzare e smaltibili senza alcun impatto ambientale.
I primi dati dimostrano che i consumatori apprezzano il binomio risparmio-spesa sostenibile. L’Eco-point Crai di Roma, per esempio, vanta un trend di crescita: ad aprile 2008 ha fatto segnare un 20%; mentre un cliente Auchan attrezzati con aree Self-discount già oggi un cliente su cinque acquista prodotti sfusi.
Assenza di confezione non significa necessariamente minori garanzie per il consumatore da un punto di vista igienico. Gli erogatori di prodotti sfusi attirano l’attenzione dei clienti perché creano scaffali inediti e molto colorati. Ma dietro l’apparenza c’è un’anima hi-tech: realizzati in plastica trasparente, i distributori sono adatti al contatto con gli alimenti e restano inalterati nel tempo. Inoltre sono resistenti ai raggi ultravioletti (UVA), qualità che permette di conservare più a lungo fragranza e freschezza.
Altri vantaggi? In un anno sono state eliminate 850mila confezioni. Le scatole e i flaconi che escono dai supermercati ed entrano nelle nostre case sono responsabili di circa il 40% dei rifiuti prodotti in Italia. Il dato, che parla da solo, è stato diffuso da una recente indagine della Coldiretti. Si calcola, inoltre, che la spesa degli italiani generi, ogni anno, oltre 12 milioni di imballaggio, destinati a trasformarsi in rifiuti da smaltire. Da questa prospettiva l’esperienza condotta da Auchan e Crai è da considerare con molta attenzione, anche alla luce del successo riscosso tra i consumatori: se la vendita di prodotti sfusi si diffondesse in modo capillare, infatti i vantaggi per l’ambiente sarebbero innegabili.
In tutti i settori e a tutti i livelli della filiera si parla di “ambiente”, “Eco”, ”emissione di CO2” e così via. Difficile capire oggi cosa realmente viene fatto dalle industrie, cosa è semplicemente una promessa di marketing.
Una delle filiere più diffuse in Italia che ha un evidente impatto ambientale è sicuramente la filiera del packaging in plastica (Fig.1)., in cui si possono identificare quattro elementi tradizionali:
aziende produttrici di materie prime; converter, trasformatori di materiali; utenti finali; oggi viene riconosciuto anche un quinto elemento, che ha una forte influenza sul processo decisionale di tutta la supply chain: “la grande distribuzione organizzata (GDO).
Aziende e impegno verso l’ambiente
Qual’è l’impegno delle aziende in ciascuna di queste fasi per aiutare l’ambiente?
Primo livello: è costituito dai grandi gruppi industriali che producono materie prime, necessarie alla produzione di materiale di imballaggio. Le materie prime come si può osservare da fig2 . si distinguono in Biodegradabile e Non-biodegradabile di derivazione fossile (ad es. petrolio convenzionale, petrolio pesante, sabbie petrolifere, metano e carbone) o di biomassa (sostanze di origine animale e vegetale, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia).
Oggi la materie prime maggiormente impiegate appartengono alla categoria non-biodegradabile di origine fossile, quali ad esempio resine di polipropilene (Fig.3), polietilene e così via.
Secondo livello: le aziende produttori di materiali di packaging si stanno quindi sempre più organizzando verso prodotti e/o soluzioni alternative, ovvero verso la forte riduzione degli spessori e dei pesi utilizzati oltre che verso l’impiego di materiali biodegradabili, sintesi di nuovi monomeri per la produzione di materie plastiche. Il PLA (acido-polialittico), ad esempio, prodotto derivante dal mais (Fig.4), racchiude una vasta famiglia di bio-polimeri, dotati di elevata versatilità applicativa e riciclabili per compostaggio. Numerosi sono i settori applicativi in cui viene impiegato: fibre tessili, films sottili per imballaggio, foglie per termoformatura, produzione di preforme e bottiglie e stampaggio di articoli vari; in quanto le sue prestazioni sono confrontabili, in generale, con quelle di articoli analoghi ottenuti da materie plastiche tradizionali (per esempio per trasparenza, brillantezza, barriera agli aromi, saldabilità dei films a caldo eccetera).
Gli articoli in PLA, materiale chiaramente ammesso al contatto con alimenti dalla legislazione corrente, stanno incontrando buon successo anche presso i consumatori europei come alternativa ecosostenibile; in particolare per cibi freschi (formaggi, prodotti da forno, ortofrutta, carne bio eccetera) come pure stoviglie e posaterie monouso.
Vi sono però anche alcune controindicazioni all’uso del mais nel settore chimico. Il mais costituisce la base della maggior parte degli alimenti e il suo impiego nella produzione di energia o comunque di materiali per l’imballaggio potrebbe portare i produttori di mais a preferire quest’ultima destinazione alla prima in quanto comporta per loro sicuramente maggiori utili, ma comporterebbe anche un danno inestimabile “alla fame nel mondo”.
Terzo livello: è costituito dai converts, ovvero da coloro che stampano e tagliano a misura il materiale, che verrà poi impiegato per confezionare ogni genere di prodotto food e non food.
In che modo anche i converters possono aiutare il nostro ambiente?
Nel settore della stampa degli imballaggi flessibili il dito è puntato contro gli inchiostri a solvente, giudicati troppo inquinanti.. P.
La recente evoluzione della flessografia è legata in gran parte alle nuove normative europee miranti a ridurre le emissioni di composti organici volatili (Cov) nell’atmosfera. Da allora gli stampatori che utilizzano inchiostri a solvente devono dotarsi di inceneritori di vapore.
Ma si propone un’altra soluzione: attuare un programma di riduzione che limiti progressivamente il consumo degli inchiostri a solvente a vantaggio di quelli a base d’acqua per gli imballaggi flessibili. Gli inchiostri ad acqua, onnipresenti nel cartone e in misura minore nella carta, si stanno evolvendo anche per la stampa su film plastici e altri supporti non assorbenti.
Quarto livello: Finalmente siamo agli end user, l’ultimo anello della supply chain. In questo caso la riduzione di imballaggio diventa la parola d’ordine sia per l’ambiente ma anche per una riduzione dei costi. Le soluzioni che si possono osservare sono molteplici, una tra le più diffuse sono le confezioni multipack per bevande, prodotti alimentari e non, utilizzati soprattutto per attività promozionali.
Questo sistema, che prevede di raggruppare più prodotti, permette di ridurre notevolmente la quantità di imballaggio, mantenendo intatta l’immagine del brand e di grande visibilità dei prodotti sugli scaffali. (fig. tetrabrick, sprite e skipper).
Un altro esempio è rappresentato dalle aziende produttrici di detersivi. Sempre più diffusa è infatti la soluzione della “ricarica” del prodotto.
Quinto livello: La GDO è sempre più attenta a presentare al mercato soluzioni che vengano incontro a questa esigenza sempre più forte. Come? Eliminando, o quasi, l’imballaggio.
Una delle novità che la GDO ha importato nel nostro paese, ma già ampiamente diffusa all’estero ormai da molti anni, è vendere prodotti quali pasta, detersivi, caffè in modalità sfusa.
In Italia oggi solo la Crai e Auchan stanno percorrendo con convinzione questa strada e i risultati sono assolutamente soddisfacenti. I risparmi sullo scontrino possono raggiungere il 70% rispetto ai prezzi delle marche leader; con il vantaggio di poter acquistare solo la quantità desiderata del prodotto inserendola in un sacchetto biodegradabile, pronti da riutilizzare e smaltibili senza alcun impatto ambientale.
I primi dati dimostrano che i consumatori apprezzano il binomio risparmio-spesa sostenibile. L’Eco-point Crai di Roma, per esempio, vanta un trend di crescita: ad aprile 2008 ha fatto segnare un 20%; mentre un cliente Auchan attrezzati con aree Self-discount già oggi un cliente su cinque acquista prodotti sfusi.
Assenza di confezione non significa necessariamente minori garanzie per il consumatore da un punto di vista igienico. Gli erogatori di prodotti sfusi attirano l’attenzione dei clienti perché creano scaffali inediti e molto colorati. Ma dietro l’apparenza c’è un’anima hi-tech: realizzati in plastica trasparente, i distributori sono adatti al contatto con gli alimenti e restano inalterati nel tempo. Inoltre sono resistenti ai raggi ultravioletti (UVA), qualità che permette di conservare più a lungo fragranza e freschezza.
Altri vantaggi? In un anno sono state eliminate 850mila confezioni. Le scatole e i flaconi che escono dai supermercati ed entrano nelle nostre case sono responsabili di circa il 40% dei rifiuti prodotti in Italia. Il dato, che parla da solo, è stato diffuso da una recente indagine della Coldiretti. Si calcola, inoltre, che la spesa degli italiani generi, ogni anno, oltre 12 milioni di imballaggio, destinati a trasformarsi in rifiuti da smaltire. Da questa prospettiva l’esperienza condotta da Auchan e Crai è da considerare con molta attenzione, anche alla luce del successo riscosso tra i consumatori: se la vendita di prodotti sfusi si diffondesse in modo capillare, infatti i vantaggi per l’ambiente sarebbero innegabili.
Curiosità | |
Se i prezzi di diesel e benzina dovessero superare la soglia dei 2.30 e 2.70 franchi il litro, in Svizzera la superficie coltivata a colza e a mais per la produzione rispettivamente di biodiesel e bioetanolo potrebbe aumentare in modo considerevole. Secondo quanto emerge da uno studio condotto dal Politecnico di Zurigo su incarico dell'Ufficio federale dell'agricoltura (UFAG), 153 000 ettari circa, ossia il 15 per cento della superficie agricola utile, verrebbero utilizzati per la produzione di energia anziché di derrate alimentari. |
Curiosità | |
Nel settore delle etichette, gli inchiostri a solvente stanno passando il testimone agli inchiostri Uv. Grazie all’assenza di emissioni di composti organici volatili, questi inchiostri soddisfano l’esigenza odierna di garantire un ambiente di lavoro più sano e più sicuro e facilitano il rispetto delle normative a tutela dell’ambiente. Sono apprezzati in particolare per le etichette adesive in quanto garantiscono un’ottima qualità di stampa di punti e tratti. Aderiscono alla maggior parte dei supporti e sono caratterizzati da un’elevata brillantezza e da una grande resistenza all’abrasione. Dal punto di vista ambientale, gli inchiostri che asciugano ai raggi ultravioletti rappresentano una valida alternativa, in quanto non producono emissioni di COV. |
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