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Alla ricerca della seduzione
Uno scaffale deve essere un libro aperto. Spesso è invece riempito casualmente e talvolta
non è neppure pieno. In questi casi la fruibilità del punto vendita inizia e finisce sullo scaffale. Vale la pena investirci.
Per fare bene il proprio mestiere e portarlo a termine nella maniera migliore, ciascun commerciante dovrebbe entrare nella propria attività mercantile completamente libero da pregiudizi e “ideologie commerciali”. Chiedersi che cosa stia comunicando il proprio negozio, senza perdere di vista l’obiettivo di vendere con un margine profittevole e avere bene in mente che le azioni espositive, l’ampiezza, la profondità di gamma e il posizionamento ricercato dovranno permettere all’impresa di risultare efficace, raggiungendo gli obiettivi, ed efficiente, guadagnando dei soldi.
C’è ancora molto da fare nel merchandising in generale e nella formazione del display: questo aspetto ha del positivo se si riflette sulle potenzialità ancora inespresse. Resta il fatto che parte del valore del negozio dipende dallo scaffale e la soddisfazione del cliente è proporzionale alla sua leggibilità e funzionalità. Lo scaffale contribuisce a dare valore al negozio e, se non è ben disegnato e gestito, il maggior valore proposto in termini di gamma e servizio non viene percepito oppure è banalizzato. La casistica da verificare a riguardo potrebbe essere quella indicata dal box nella pagina seguente.
Va poi compreso dove creare differenziazione e valore: servizio, gamma, prezzo e promo. Fattori che vanno ad aggiungersi ai motivi che portano il consumatore a entrare: comodità, vicinanza, gamma, servizio, convenienza. Ma lo scaffale fa la sua parte.
Più che dedicarsi alle ambientazioni e alle scenografie sarebbe meglio:
1. concentrasi sulla chiarezza generale dell’aera di vendita e quindi sulla riconoscibilità ed identificabilità delle singole categorie merceologiche;
2. comunicare l’ampiezza e la profondità delle gamme evidenziando segmentazioni di prezzo, marchio etc.
3. dare un senso compiuto alle gamme presentate in relazione alla stagione avvicendando le referenze. Ma davvero si vendono coniglietti di Pasqua in pieno agosto? E il concime per gerani a ottobre?
4. evitare le rotture di stock che si identificano con mancate vendite per indisponibilità di prodotto all’interno della superficie espositiva.
Passata la stagione, troppi punti vendita si presentano ancora come una piccola Waterloo. Non abbiamo dubbi sul fatto che la “battaglia” sia stata veloce e cruenta, ma questo non giustifica lo stato dell’arte.
La qualità percepita del punto vendita dipende in gran parte dallo scaffale, dalle esposizioni e dalla comunicazione ma, come sostengono molti esperti, parte dallo scaffale. Alcune argomentazione devono servire da spunto, soprattutto perchè prendono origine da situazioni legate a punti vendita alimentari della moderna distribuzione, che hanno una gestione del display e una qualità nella presentazione prodotti perlomeno discreta almeno sotto il profilo economico, se non sotto quello visuale.
A volte la ricerca dell’originalità, senza una cultura specifica nel marketing e nel merchandising, porta gli imprenditori a offrire presentazioni a effetto ma non efficaci, tramite vaste aree espositive senza identità e fra loro incoerenti per sequenza, dimensioni e scelte espositive. Certi “minestroni espositivi” non vengono capiti dai consumatori. Immaginare che certe aggregazioni di prodotti possano stimolare le vendite è una ingenuità. Se proprio non si riesce nell’attività di cross selling, bisogna almeno non fare danni. Fra le leve di marketing la cultura è una delle tante variabili, ma bisogna misurarne il peso nell’ambito di un sistema mercato-prodotto; questo vuol dire che è fondamentale in alcuni casi e pressoché ininfluente in altri.
Nel giardinaggio si potrebbe fare un’analisi dell’offerta e dei consumi a livello europeo per evidenziare che dove il distributore è forte è altrettanto proficuo lo stimolo dei consumi; dove è più bravo il distributore è più elevata la spesa e il dato fondato emerge misurando fattori di correlazione statistica fra le due variabili. L’imprenditore deve essere un attento osservatore e deve stimolare un bisogno, anche non direttamente manifestato. La filosofia non rientra sicuramente nella mission di un commerciante e toglie tempo alla sistemazione di scaffali e aree di vendita.
Il punto vendita non è un semplice luogo dove vendere merci; è ormai noto che il punto vendita è una componente essenziale del successo della strategia commerciale. Da un lato il consumatore è sempre più protagonista delle proprie scelte di consumo; dall'altro, l'aumento delle superfici a libero servizio rende più importante la cura del punto vendita, che diventa esso stesso un veicolo pubblicitario molto potente e non più un semplice luogo di presentazione dei prodotti.
Infatti, le tecniche di marketing sul punto vendita, nate negli Usa insieme allo sviluppo del libero servizio, che è invece nato in Francia, stanno acquisendo importanza anche nel vecchio continente, in conseguenza della diffusione sempre più massiccia delle grandi superfici. Il consumatore oggi ha poco tempo per fare la spesa e spesso è annoiato oppure viene da una giornata pesante. Il modo migliore per guidarlo, rilassarlo e incrementare le vendite, sta proprio nel creare un negozio gradevole. In esso bisogna fornire al consumatore informazioni chiare, incisive e non sovrabbondanti. Pensando anche a nuove idee per rallegrare e semplificare lo shopping. La gradevolezza si traduce in fruibilità, semplicità, facilità di lettura, comfort. Tutti questi elementi concorrono a generare piacevolezza nel fare la spesa e nel frequentare un negozio.
Numerose ricerche hanno dimostrato l'importanza della promozione nel determinare gli acquisti non programmati e quindi nello stimolare la scelta di un prodotto a vantaggio dell’incremento di valore dello scontrino.
Una ricerca condotta da Popai Usa, fatta in collaborazione con Meyers research center, finalizzata all'analisi del comportamento del consumatore, mostra che oltre il 70% delle decisioni d'acquisto riguardanti la marca è preso direttamente all’interno dell’area di vendita nel caso di un supermercato, percentuale che sale di poco negli ipermercati.
Sull'importanza del negozio come leva all'acquisto, si aggiunge un'analisi condotta sempre in collaborazione tra Popai Usa e Meyers research center che evidenzia l'importanza del display inteso non solo come scaffale, ma come insieme delle tecniche di presentazione del prodotto nell'influenzare le decisioni d'acquisto. I ricercatori hanno osservato che il 51% dei consumatori ha giudicato molto importante il display nelle decisioni d'acquisto riguardo alla marca, mentre il 67% è incoraggiata agli acquisti d'impulso. Emerge che il 40% degli intervistati non avrebbe acquistato il prodotto se non lo avesse trovato su quel determinato display, mentre il 50% conferma di aver preso la decisione d'acquisto su marca e prodotto all'interno del negozio.
Questo deve far riflettere un settore dove la manutenzione del display è ancora troppo bassa se non inesistente e si concentra sui prodotti deperibili, leggasi piante, che per esigenze di sopravvivenza devono essere almeno bagnate. Sempre dalla ricerca è emerso che la presentazione prodotti "ha contribuito a far notare una promozione" o "ha ricordato di acquistare un certo prodotto". Queste sono le affermazioni più ricorrenti tra coloro che giudicano importante il display; questi stessi consumatori mostrano una bassa fedeltà alla marca e un'elevata propensione a prendere le decisioni d'acquisto all'interno del punto vendita. Per prima cosa la sommatoria dei display all’interno dell’area di vendita dovrebbe rispondere a una strategia che ha come risultato la riconducibilità del negozio a uno specifico formato che identifica anche il posizionamento commerciale. Attraverso il display prodotti il nostro cliente capisce chi siamo, cosa vendiamo, attraverso il display entrano nella fase operativa e quindi produttiva i rapporti e le scelte fatte con i fornitori e dove il co-marketing trova sfogo nel momento in cui presentiamo, in funzione del posizionamento di prezzo o di immagine prescelta, un tal marchio in un modo ben definito e in una posizione concordata.
La strategia del punto vendita non si deve però limitare ad armi "tradizionali", come display e informazione sul punto vendita: una delle tendenze più interessanti è il branding retainment, cioè la creazione di negozi monomarca da parte dei produttori. Non sono semplici negozi, ma luoghi di socializzazione, una vetrina da cui veicolare al consumatore suggestioni, suoni e colori legati al prodotto. In questo contesto si iniziano a vedere più negozi sulla falsariga delle della aree commerciali progettate sul modello dello shop in the shops, corner dedicati a temi commerciali oppure a marchi. Questa condizione permette di referenziare categorie importanti di prodotti o marchi specialistici che rappresentano una forte leva di vendita.
La cosa positiva da rilevare è che anche in Italia inizia a crescere l'attenzione al pop. Con un mix di rigore anglosassone e fantasia latina e con vantaggio per retailer e produttori, che si trovano sempre uniti quando si tratta di stimolare la propensione all'acquisto di un consumatore sempre più esigente e infedele. La cosa negativa e che il settore del gardening specializzato è ancora poco presente e poco attento a queste problematiche .
non è neppure pieno. In questi casi la fruibilità del punto vendita inizia e finisce sullo scaffale. Vale la pena investirci.
Per fare bene il proprio mestiere e portarlo a termine nella maniera migliore, ciascun commerciante dovrebbe entrare nella propria attività mercantile completamente libero da pregiudizi e “ideologie commerciali”. Chiedersi che cosa stia comunicando il proprio negozio, senza perdere di vista l’obiettivo di vendere con un margine profittevole e avere bene in mente che le azioni espositive, l’ampiezza, la profondità di gamma e il posizionamento ricercato dovranno permettere all’impresa di risultare efficace, raggiungendo gli obiettivi, ed efficiente, guadagnando dei soldi.
C’è ancora molto da fare nel merchandising in generale e nella formazione del display: questo aspetto ha del positivo se si riflette sulle potenzialità ancora inespresse. Resta il fatto che parte del valore del negozio dipende dallo scaffale e la soddisfazione del cliente è proporzionale alla sua leggibilità e funzionalità. Lo scaffale contribuisce a dare valore al negozio e, se non è ben disegnato e gestito, il maggior valore proposto in termini di gamma e servizio non viene percepito oppure è banalizzato. La casistica da verificare a riguardo potrebbe essere quella indicata dal box nella pagina seguente.
Va poi compreso dove creare differenziazione e valore: servizio, gamma, prezzo e promo. Fattori che vanno ad aggiungersi ai motivi che portano il consumatore a entrare: comodità, vicinanza, gamma, servizio, convenienza. Ma lo scaffale fa la sua parte.
Più che dedicarsi alle ambientazioni e alle scenografie sarebbe meglio:
1. concentrasi sulla chiarezza generale dell’aera di vendita e quindi sulla riconoscibilità ed identificabilità delle singole categorie merceologiche;
2. comunicare l’ampiezza e la profondità delle gamme evidenziando segmentazioni di prezzo, marchio etc.
3. dare un senso compiuto alle gamme presentate in relazione alla stagione avvicendando le referenze. Ma davvero si vendono coniglietti di Pasqua in pieno agosto? E il concime per gerani a ottobre?
4. evitare le rotture di stock che si identificano con mancate vendite per indisponibilità di prodotto all’interno della superficie espositiva.
Passata la stagione, troppi punti vendita si presentano ancora come una piccola Waterloo. Non abbiamo dubbi sul fatto che la “battaglia” sia stata veloce e cruenta, ma questo non giustifica lo stato dell’arte.
La qualità percepita del punto vendita dipende in gran parte dallo scaffale, dalle esposizioni e dalla comunicazione ma, come sostengono molti esperti, parte dallo scaffale. Alcune argomentazione devono servire da spunto, soprattutto perchè prendono origine da situazioni legate a punti vendita alimentari della moderna distribuzione, che hanno una gestione del display e una qualità nella presentazione prodotti perlomeno discreta almeno sotto il profilo economico, se non sotto quello visuale.
MENO FILOSOFIA, PIU' MERCHANDISING E MICROMARKETING
A volte la ricerca dell’originalità, senza una cultura specifica nel marketing e nel merchandising, porta gli imprenditori a offrire presentazioni a effetto ma non efficaci, tramite vaste aree espositive senza identità e fra loro incoerenti per sequenza, dimensioni e scelte espositive. Certi “minestroni espositivi” non vengono capiti dai consumatori. Immaginare che certe aggregazioni di prodotti possano stimolare le vendite è una ingenuità. Se proprio non si riesce nell’attività di cross selling, bisogna almeno non fare danni. Fra le leve di marketing la cultura è una delle tante variabili, ma bisogna misurarne il peso nell’ambito di un sistema mercato-prodotto; questo vuol dire che è fondamentale in alcuni casi e pressoché ininfluente in altri.
Nel giardinaggio si potrebbe fare un’analisi dell’offerta e dei consumi a livello europeo per evidenziare che dove il distributore è forte è altrettanto proficuo lo stimolo dei consumi; dove è più bravo il distributore è più elevata la spesa e il dato fondato emerge misurando fattori di correlazione statistica fra le due variabili. L’imprenditore deve essere un attento osservatore e deve stimolare un bisogno, anche non direttamente manifestato. La filosofia non rientra sicuramente nella mission di un commerciante e toglie tempo alla sistemazione di scaffali e aree di vendita.
IL PUNTO VENDITA
Il punto vendita non è un semplice luogo dove vendere merci; è ormai noto che il punto vendita è una componente essenziale del successo della strategia commerciale. Da un lato il consumatore è sempre più protagonista delle proprie scelte di consumo; dall'altro, l'aumento delle superfici a libero servizio rende più importante la cura del punto vendita, che diventa esso stesso un veicolo pubblicitario molto potente e non più un semplice luogo di presentazione dei prodotti.
Infatti, le tecniche di marketing sul punto vendita, nate negli Usa insieme allo sviluppo del libero servizio, che è invece nato in Francia, stanno acquisendo importanza anche nel vecchio continente, in conseguenza della diffusione sempre più massiccia delle grandi superfici. Il consumatore oggi ha poco tempo per fare la spesa e spesso è annoiato oppure viene da una giornata pesante. Il modo migliore per guidarlo, rilassarlo e incrementare le vendite, sta proprio nel creare un negozio gradevole. In esso bisogna fornire al consumatore informazioni chiare, incisive e non sovrabbondanti. Pensando anche a nuove idee per rallegrare e semplificare lo shopping. La gradevolezza si traduce in fruibilità, semplicità, facilità di lettura, comfort. Tutti questi elementi concorrono a generare piacevolezza nel fare la spesa e nel frequentare un negozio.
Numerose ricerche hanno dimostrato l'importanza della promozione nel determinare gli acquisti non programmati e quindi nello stimolare la scelta di un prodotto a vantaggio dell’incremento di valore dello scontrino.
Una ricerca condotta da Popai Usa, fatta in collaborazione con Meyers research center, finalizzata all'analisi del comportamento del consumatore, mostra che oltre il 70% delle decisioni d'acquisto riguardanti la marca è preso direttamente all’interno dell’area di vendita nel caso di un supermercato, percentuale che sale di poco negli ipermercati.
Sull'importanza del negozio come leva all'acquisto, si aggiunge un'analisi condotta sempre in collaborazione tra Popai Usa e Meyers research center che evidenzia l'importanza del display inteso non solo come scaffale, ma come insieme delle tecniche di presentazione del prodotto nell'influenzare le decisioni d'acquisto. I ricercatori hanno osservato che il 51% dei consumatori ha giudicato molto importante il display nelle decisioni d'acquisto riguardo alla marca, mentre il 67% è incoraggiata agli acquisti d'impulso. Emerge che il 40% degli intervistati non avrebbe acquistato il prodotto se non lo avesse trovato su quel determinato display, mentre il 50% conferma di aver preso la decisione d'acquisto su marca e prodotto all'interno del negozio.
Questo deve far riflettere un settore dove la manutenzione del display è ancora troppo bassa se non inesistente e si concentra sui prodotti deperibili, leggasi piante, che per esigenze di sopravvivenza devono essere almeno bagnate. Sempre dalla ricerca è emerso che la presentazione prodotti "ha contribuito a far notare una promozione" o "ha ricordato di acquistare un certo prodotto". Queste sono le affermazioni più ricorrenti tra coloro che giudicano importante il display; questi stessi consumatori mostrano una bassa fedeltà alla marca e un'elevata propensione a prendere le decisioni d'acquisto all'interno del punto vendita. Per prima cosa la sommatoria dei display all’interno dell’area di vendita dovrebbe rispondere a una strategia che ha come risultato la riconducibilità del negozio a uno specifico formato che identifica anche il posizionamento commerciale. Attraverso il display prodotti il nostro cliente capisce chi siamo, cosa vendiamo, attraverso il display entrano nella fase operativa e quindi produttiva i rapporti e le scelte fatte con i fornitori e dove il co-marketing trova sfogo nel momento in cui presentiamo, in funzione del posizionamento di prezzo o di immagine prescelta, un tal marchio in un modo ben definito e in una posizione concordata.
ASSECONDARE LE TENDENZE
La strategia del punto vendita non si deve però limitare ad armi "tradizionali", come display e informazione sul punto vendita: una delle tendenze più interessanti è il branding retainment, cioè la creazione di negozi monomarca da parte dei produttori. Non sono semplici negozi, ma luoghi di socializzazione, una vetrina da cui veicolare al consumatore suggestioni, suoni e colori legati al prodotto. In questo contesto si iniziano a vedere più negozi sulla falsariga delle della aree commerciali progettate sul modello dello shop in the shops, corner dedicati a temi commerciali oppure a marchi. Questa condizione permette di referenziare categorie importanti di prodotti o marchi specialistici che rappresentano una forte leva di vendita.
La cosa positiva da rilevare è che anche in Italia inizia a crescere l'attenzione al pop. Con un mix di rigore anglosassone e fantasia latina e con vantaggio per retailer e produttori, che si trovano sempre uniti quando si tratta di stimolare la propensione all'acquisto di un consumatore sempre più esigente e infedele. La cosa negativa e che il settore del gardening specializzato è ancora poco presente e poco attento a queste problematiche .
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