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Basta pagamenti “a babbo morto”
Dopo il crollo delle Borse dello scorso inverno, i politici di tutta Europa non perdono occasione per proclamare la loro volontà di sostenere le aziende e le famiglie. Un’intenzione che talvolta si concretizza in interventi di dubbia utilità, come per esempio le social card italiane.
Eppure le Pubbliche Amministrazioni, e in particolar modo quelle italiane, avrebbero un gratuito e fantastico strumento per aiutare aziende e famiglie: pagare puntualmente i loro debiti.
La dilazione eccessiva dei pagamenti non è infatti una prerogativa delle peggiori aziende private, ma una cattiva abitudine a cui moltissimi Stati non disdegnano di ricorrere. L’Italia, inutile dirlo, è ai primi posti della classifica degli “Stati cattivi pagatori”. Secondo i dati della Comunità Europea questa “piaga” danneggia il 95% delle grandi imprese e il 98,5% delle piccole/medie imprese (PMI). Numeri di non poco conto.
Per la verità esiste una norma comunitaria del 2000 (recepita da vari Paesi, Italia compresa) che fissa a 30 giorni il termine ultimo dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Peccato che la Direttiva non sia coercitiva e quindi le autorità sono libere di scegliere se seguire l’indicazione della CE oppure adottare altre scadenze, con l’evidente conseguenza che in questi anni i tempi di pagamento di sono dilatati in modo abnorme: vi lascio immaginare come hanno scelto di operare quegli esempi di rettitudine che sono i politici italiani.
Una “abitudine” (chiamiamola così!) che, com’è facile immaginare, danneggia enormemente soprattutto le PMI: in particolare in tempi come questi, caratterizzati dalla crisi dei consumi, dalla contrazione dei fidi da parte delle banche e dall’introduzione operativa di una norma come Basilea 2. Se lo Stato Italiano pagasse puntualmente i suoi fornitori darebbe un contributo immediato al miglioramento dei flussi di cassa di molte imprese. Senza contare che il 7% dei fallimenti (quasi tutte PMI) è determinato proprio dai ritardi di pagamento superiori ai 40 giorni: una sciagura che genera un effetto domino molto pericoloso.
Una buona notizia su questo fronte viene dalla Comunità Europea e in particolare da Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione Europea responsabile per Imprese e Industria, che lo scorso 8 aprile ha proposto di modificare la Direttiva del 2000 obbligando gli Stati membri a onorare i debiti inderogabilmente entro 30 giorni.
La proposta di Verheugen è molto semplice: se una pubblica amministrazione non paga entro 30 giorni i suoi debiti sarà obbligata a pagare gli interessi, i costi di recupero e un indennizzo forfettario del 5% dell’importo dovuto a decorrere dal primo giorno di ritardo.
La proposta è in discussione (dovrebbe entrare in vigore nel 2010) ed è interessante segnalare che la CE vuole introdurre norme simili per tutte le aziende private, per arginare la pessima abitudine di dilazionare i pagamenti fino al rischio di tracollo del creditore.
Eppure le Pubbliche Amministrazioni, e in particolar modo quelle italiane, avrebbero un gratuito e fantastico strumento per aiutare aziende e famiglie: pagare puntualmente i loro debiti.
La dilazione eccessiva dei pagamenti non è infatti una prerogativa delle peggiori aziende private, ma una cattiva abitudine a cui moltissimi Stati non disdegnano di ricorrere. L’Italia, inutile dirlo, è ai primi posti della classifica degli “Stati cattivi pagatori”. Secondo i dati della Comunità Europea questa “piaga” danneggia il 95% delle grandi imprese e il 98,5% delle piccole/medie imprese (PMI). Numeri di non poco conto.
Per la verità esiste una norma comunitaria del 2000 (recepita da vari Paesi, Italia compresa) che fissa a 30 giorni il termine ultimo dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Peccato che la Direttiva non sia coercitiva e quindi le autorità sono libere di scegliere se seguire l’indicazione della CE oppure adottare altre scadenze, con l’evidente conseguenza che in questi anni i tempi di pagamento di sono dilatati in modo abnorme: vi lascio immaginare come hanno scelto di operare quegli esempi di rettitudine che sono i politici italiani.
Una “abitudine” (chiamiamola così!) che, com’è facile immaginare, danneggia enormemente soprattutto le PMI: in particolare in tempi come questi, caratterizzati dalla crisi dei consumi, dalla contrazione dei fidi da parte delle banche e dall’introduzione operativa di una norma come Basilea 2. Se lo Stato Italiano pagasse puntualmente i suoi fornitori darebbe un contributo immediato al miglioramento dei flussi di cassa di molte imprese. Senza contare che il 7% dei fallimenti (quasi tutte PMI) è determinato proprio dai ritardi di pagamento superiori ai 40 giorni: una sciagura che genera un effetto domino molto pericoloso.
Una buona notizia su questo fronte viene dalla Comunità Europea e in particolare da Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione Europea responsabile per Imprese e Industria, che lo scorso 8 aprile ha proposto di modificare la Direttiva del 2000 obbligando gli Stati membri a onorare i debiti inderogabilmente entro 30 giorni.
La proposta di Verheugen è molto semplice: se una pubblica amministrazione non paga entro 30 giorni i suoi debiti sarà obbligata a pagare gli interessi, i costi di recupero e un indennizzo forfettario del 5% dell’importo dovuto a decorrere dal primo giorno di ritardo.
La proposta è in discussione (dovrebbe entrare in vigore nel 2010) ed è interessante segnalare che la CE vuole introdurre norme simili per tutte le aziende private, per arginare la pessima abitudine di dilazionare i pagamenti fino al rischio di tracollo del creditore.
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