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Il fai da te: un mercato in controtendenza?
Nel contesto generalizzato della crisi, come si colloca il bricolage? Se è legato al concetto di risparmio, la crisi dovrebbe “favorire” il ricorso a soluzioni home made, perché le attività di ammodernamento e manutenzione della propria casa fatte da sé dovrebbero essere più economiche rispetto all’intervento dei professionisti.
Inquadrare in poche battute le problematiche legate alla situazione economica generale non è certamente facile e forse neanche opportuno. Senza tema di smentita è comunque possibile affermare che molte famiglie italiane si stanno confrontando con una generale diminuzione delle disponibilità economiche e finanziarie.
Negli ultimi anni si è quindi assistito a una diversa ripartizione delle spese famigliari, cercando di trovare nuovi equilibri in attesa che la situazione generale migliori. In un contesto di questo tipo è lecito pensare che ogni modalità di consumo che sia in grado di contenere gli oneri complessivi della gestione famigliare sia in qualche modo da favorire e da prendere in considerazione. Per entrare nel merito della questione in modo rigoroso, senza affidarsi ai soliti banali luoghi comuni, sarebbe opportuno analizzare una serie di dati di mercato per poter basare i nostri ragionamenti su elementi concreti e reali. Il condizionale è d’obbligo perché, purtroppo, non abbiamo la possibilità di contare su dati di mercato sufficientemente precisi per condurre una analisi rigorosa in tal senso.
Infatti, anche la sola stima della dimensione del mercato italiano del bricolage non è semplice: a seconda dell’istituto di ricerca che realizza l’indagine abbiamo dati decisamente discordanti. Questa situazione tipicamente italiana e che non riguarda esclusivamente il settore del bricolage è dovuta a una pluralità di cause e concause che non sembrano trovare una facile risoluzione: la quota consistente di punti vendita tradizionali di ridotte dimensioni, una scarsa cultura circa la condivisione dei dati di mercato e una endogena difficoltà nella definizione dei confini del settore del bricolage sono elementi che non facilitano il compito a chi è chiamato a stimare le dimensioni del mercato. È possibile comunque tentare alcune considerazioni sulla base dei dati disponibili. Sia a livello mondiale sia europeo il mercato del bricolage è in lento e costante aumento sia in termini di fatturato sia di numero di persone che dedicano sempre più tempo a queste attività. E anche in Italia la tendenza è positiva, soprattutto se paragonata ad altri comparti. Personalmente ritengo che associare il bricolage esclusivamente, o in maniera preponderante, al concetto di risparmio economico non sia corretto per due ordini di motivi: il primo è che tale associazione porrebbe il bricolage come un minus rispetto a una soluzione considerata ottimale, il secondo è che in questo modo si trascurerebbe la componente psico-sociologica legata alla soddisfazione derivante dalla realizzazione “da sé” di un qualsiasi lavoro. Inoltre non bisogna trascurare la valenza negativa dei messaggi “sei in crisi, datti al bricolage”, nel senso che per necessità non puoi ricorrere a un professionista per il costo eccessivo e quindi sei costretto a far da solo o, che è ancora peggio, “sei in crisi, fai da te!”, nel senso che nessuno ti aiuta. Puntare invece sulla soddisfazione di aver realizzato qualcosa per hobby apre prospettive decisamente più positive, non ultimo il fatto che il risultato supera le aspettative. In molte attività di bricolage la componente risparmio è sicuramente rilevante e può essere l’elemento che invita le persone a rompere il giaccio e a provare per la prima volta, magari cimentandosi in lavori non troppo complicati o pericolosi. Da qui poi la possibilità di aumentare il proprio raggio d’azione è certamente praticabile. Se l’interpretazione del fenomeno in atto è corretta, per le aziende che operano nel settore c’è effettivamente l’opportunità di sfruttare il momento di crisi generalizzato per avvicinare più persone al bricolage e alla manutenzione e cura della propria casa e dei propri beni per poi lavorare sulla soddisfazione che questo tipo di attività potrebbe determinare. La mancanza di dati affidabili a livello generale, pur complicando l’analisi del fenomeno, non impedisce alle realtà di grandi dimensione di mettere a punto strategie finalizzate all’acquisizione di nuovi clienti. Resta la sensazione che molte aziende, sia di produzione sia di distribuzione, in realtà non abbiano una chiara visione di mercato ma che operino secondo logiche di piccolo cabotaggio e basate su orizzonti temporali di breve periodo. Il fai da te potrebbe allora avere una pluralità di effetti positivi sia a livello individuale sia sociale, scoprendo (o riscoprendo) il gusto per il fare e il far da sé. E i professionisti saranno destinati a rimanere senza lavoro? Tranquilli, ci sarà sempre qualche bricoleur imbranato o pigro che avrà bisogno di aiuto per i danni involontariamente prodotti.
Inquadrare in poche battute le problematiche legate alla situazione economica generale non è certamente facile e forse neanche opportuno. Senza tema di smentita è comunque possibile affermare che molte famiglie italiane si stanno confrontando con una generale diminuzione delle disponibilità economiche e finanziarie.
Negli ultimi anni si è quindi assistito a una diversa ripartizione delle spese famigliari, cercando di trovare nuovi equilibri in attesa che la situazione generale migliori. In un contesto di questo tipo è lecito pensare che ogni modalità di consumo che sia in grado di contenere gli oneri complessivi della gestione famigliare sia in qualche modo da favorire e da prendere in considerazione. Per entrare nel merito della questione in modo rigoroso, senza affidarsi ai soliti banali luoghi comuni, sarebbe opportuno analizzare una serie di dati di mercato per poter basare i nostri ragionamenti su elementi concreti e reali. Il condizionale è d’obbligo perché, purtroppo, non abbiamo la possibilità di contare su dati di mercato sufficientemente precisi per condurre una analisi rigorosa in tal senso.
Infatti, anche la sola stima della dimensione del mercato italiano del bricolage non è semplice: a seconda dell’istituto di ricerca che realizza l’indagine abbiamo dati decisamente discordanti. Questa situazione tipicamente italiana e che non riguarda esclusivamente il settore del bricolage è dovuta a una pluralità di cause e concause che non sembrano trovare una facile risoluzione: la quota consistente di punti vendita tradizionali di ridotte dimensioni, una scarsa cultura circa la condivisione dei dati di mercato e una endogena difficoltà nella definizione dei confini del settore del bricolage sono elementi che non facilitano il compito a chi è chiamato a stimare le dimensioni del mercato. È possibile comunque tentare alcune considerazioni sulla base dei dati disponibili. Sia a livello mondiale sia europeo il mercato del bricolage è in lento e costante aumento sia in termini di fatturato sia di numero di persone che dedicano sempre più tempo a queste attività. E anche in Italia la tendenza è positiva, soprattutto se paragonata ad altri comparti. Personalmente ritengo che associare il bricolage esclusivamente, o in maniera preponderante, al concetto di risparmio economico non sia corretto per due ordini di motivi: il primo è che tale associazione porrebbe il bricolage come un minus rispetto a una soluzione considerata ottimale, il secondo è che in questo modo si trascurerebbe la componente psico-sociologica legata alla soddisfazione derivante dalla realizzazione “da sé” di un qualsiasi lavoro. Inoltre non bisogna trascurare la valenza negativa dei messaggi “sei in crisi, datti al bricolage”, nel senso che per necessità non puoi ricorrere a un professionista per il costo eccessivo e quindi sei costretto a far da solo o, che è ancora peggio, “sei in crisi, fai da te!”, nel senso che nessuno ti aiuta. Puntare invece sulla soddisfazione di aver realizzato qualcosa per hobby apre prospettive decisamente più positive, non ultimo il fatto che il risultato supera le aspettative. In molte attività di bricolage la componente risparmio è sicuramente rilevante e può essere l’elemento che invita le persone a rompere il giaccio e a provare per la prima volta, magari cimentandosi in lavori non troppo complicati o pericolosi. Da qui poi la possibilità di aumentare il proprio raggio d’azione è certamente praticabile. Se l’interpretazione del fenomeno in atto è corretta, per le aziende che operano nel settore c’è effettivamente l’opportunità di sfruttare il momento di crisi generalizzato per avvicinare più persone al bricolage e alla manutenzione e cura della propria casa e dei propri beni per poi lavorare sulla soddisfazione che questo tipo di attività potrebbe determinare. La mancanza di dati affidabili a livello generale, pur complicando l’analisi del fenomeno, non impedisce alle realtà di grandi dimensione di mettere a punto strategie finalizzate all’acquisizione di nuovi clienti. Resta la sensazione che molte aziende, sia di produzione sia di distribuzione, in realtà non abbiano una chiara visione di mercato ma che operino secondo logiche di piccolo cabotaggio e basate su orizzonti temporali di breve periodo. Il fai da te potrebbe allora avere una pluralità di effetti positivi sia a livello individuale sia sociale, scoprendo (o riscoprendo) il gusto per il fare e il far da sé. E i professionisti saranno destinati a rimanere senza lavoro? Tranquilli, ci sarà sempre qualche bricoleur imbranato o pigro che avrà bisogno di aiuto per i danni involontariamente prodotti.