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L'orto guiderà il Rinascimento del gardening italiano
L’ecosostenibilità, gli stili di vita naturali e una maggiore attenzione alla qualità degli alimenti sono trend che ormai si stanno ben affermando anche presso i nostri consumatori. Non deve quindi stupire la crescente attenzione degli italiani (e quindi dei media) verso l'orticoltura.
Il giardinaggio in questi mesi sta diventando un 'protagonista' della comunicazione di massa: forse è prematuro perché passi da Cenerentola a Principessa, ma almeno inizia a diventare un ospite importante della festa.
Così a fine marzo abbiamo letto sui giornali e visto nei telegiornali che Michelle Obama, la nuova first lady statunitense,ha realizzato un orto nel giardino della Casa Bianca. Parlando ai dipendenti del Dipartimento dell'Agricoltura, Michelle Obama ha lodato i 'community garden' (gli orti comunitari di quartiere) che interrompono la monotonia del cemento e 'forniscono frutta e verdura a tante comunità del nostro Paese e nel mondo. Quando il cibo viene cresciuto localmente, ha un sapore migliore e questo è importante quando hai bambini: dai loro una carota veramente dolce, e penseranno sia una caramella'.
Non solo Michelle Obama ma anche Papa Ratzinger preferisce utilizzare frutta e verdura provenienti dal suo orto personale. Naturalmente non la coltiva personalmente. In un'intervista pubblicatail 22 ottobre scorso su L'Osservatore Romano, Elio Cortellessa che da 35 anni cura i Giardini Vaticani ha dichiarato: 'Nei nostri giardini c'è un piccolo orto, proprio accanto al monastero Mater Ecclesiae, che serve al fabbisogno giornaliero del Papa. Vi si coltiva verdura e frutta: naturali al 100% ovviamente, in quanto per l'orto non utilizziamo trattamenti chimici e adoperiamo solo concime organico'.
Il giardinaggio è quindi politically correct e trasversale ai diversi colori delle fazioni politiche.
Grazie all'azione comunicazionale di Coldiretti (rilanciata dai principali mass media), abbiamo scoperto che fare l'orto e curare il giardino allunga la vita: lo sostiene una ricerca condotta in 35 anni dall'Università di Uppsala (in Svezia) e pubblicata sul British Medical Journal.
Secondo importanti sociologi coltivare l'orto diventa un momento di sicurezza, di autonomia reale dalla crisi, di autosufficienza alimentare e indipendenza. Già nella crisi del 1929, che durò circa un decennio, circa il 40% di tutti gli ortaggi e frutti prodotti negli Stati Uniti aveva come origine l'orto o il frutteto domestico.
Dovrebbe far riflettere l'emersione di nuovi consumatori che vogliono investire il proprio tempo libero nel verde, per un'esigenza personale, per modificare il proprio stile di vita in chiave naturale, per mangiare meglio, per rispettare l'ambiente.
E questo non può che fare piacere a chi vende prodotti dedicati al giardinaggio.
Non solo in Italia si parla di orticoltura: il tema è di grande attualità a livello mondiale. Anzi in alcuni paesi sono già nati dei progetti concreti.
Per esempio in Inghilterra, in vista delle prossime Olimpiadi del 2012, la città di Londra ha avviato un interessante progetto, Capital Growth, finalizzato a creare 2012 nuovi giardini da destinare essenzialmente alla produzione di ortaggi e frutta per i londinesi e per gli atleti. I cittadini riceveranno finanziamenti e set di attrezzi da giardino e compostiere per riqualificare aree verdi abbandonate della città e convertire i tetti delle case in veri e propri orti cittadini. Il sindaco di Londra vuole promuovere la coltivazione di cibo 'km O', combattere l'aumento dei prezzi degli ortaggi e salvaguardare l'ambiente. Anche il National Trust, in Gran Bretagna, ha messo a disposizione dei cittadini 1.000 appezzamenti di terreno in grado di produrre 2,6 milioni di cespi di lattuga.
In tutta l'Inghilterra sono circa 300.000 i cittadini che gestiscono un 'allotmet' e molte migliaia sono in lista d'attesa. Dopo un calo di attenzione negli anni Ottanta e Novanta (quando gli ortaggi nei supermercati avevano un prezzo molto basso in tutte le stagioni), gli orti cittadini sono tornati di moda.
Thompson Morgan e Suttons Seeds, due delle principali aziende di sementi britanniche, indicano una costante crescita di sementi da orto negli ultimi cinque anni: secondo la Horticultural Trades Association nel 2007 gli inglesi hanno speso per le sementi circa 62 milioni di sterline (più di 70 milioni di euro), dei quali il 60/70% è andato ai semi per frutta e verdura. In Inghilterra le vendite di alberi da frutta e di sementi per vegetali commestibili sono cresciute rispettivamente del 43% e del 13% rispetto al 2006.
Durante l'inaugurazione delGlee di Birmingham, ha colpito tutti la dichiarazione di Tim Smit, direttore di Eden Gardens: 'Tra dieci anni il settore più importante al mondo sarà quello orticolo'.
In Inghilterra stanno 'fiorendo' nuove iniziative ogni giorno: il 10 luglio prossimo verrà organizzato il primo Grande Pranzo durante il quale i cittadini si incontreranno per un pranzo collettivo a base di ortaggi e frutti coltivati negli orti urbani.
Molto interessante anche il progetto Raccolto per il Negozio che promuove il Food Yards and Garden of Origin Marketing: i proprietari di un orto possono vendere ai supermercati la frutta e la verdura coltivati a un prezzo pari al 50% di quello applicato dal punto vendita. I rivenditori evidenziano queste produzioni (km O) e li vendono con un prezzo inferiore del 10% rispetto a quello abituale dell'ortofrutta tradizionale.
London Food Strategy ha reso noto che i terreni agricoli a Londra sono diminuiti del 30% tra il 1965 e il 1997 a causa dello sviluppo urbano e che ben il 97% delle varietà di frutta e ortaggi inglesi è andato perso dal 1900 ad oggi.
Negli Stati Uniti ritroviamo lo stesso scenario: secondo la National Gardening Association gli americani hanno speso nel 2007 circa 1,4 miliardi di dollari per la coltivazione in proprio, con un incremento del 25% rispetto al 2006. Nel 2008 Burpee Seeds, la più grande azienda americana di sementi, ha raddoppiato le vendite rispetto all'anno precedente.
Nella vicina Svizzera sono circa 60.000 gli affidatari di orti urbani concessi dall'Amministrazione Pubblica e, secondo Familien Gaertner (l'Associazione che riunisce i gestori di giardini familiari) ci sono liste d'attesa molto lunghe e molte nuove richieste.
L'orto domestico è la vera 'filiera corta di qualità': è più ecosostenibile dei farm market e del “km O”. L'orto domestico è il 'metro O'.
I centri giardinaggio americani, australiani e nord europei hanno già ampliato da tempo l'offerta verso l'orticoltura e la frutticoltura, diventando i 'guru' dei loro clienti. Come ha spiegato John Stanley negli Stati Uniti funzionano benissimo i reparti Grown & Cut (coltiva e taglia), in cui le piante orticole vengono vendute già con i frutti sviluppati: piante con pomodori che il consumatore può già cogliere la sera stessa.
'Se in Italia sono sempre più numerosi i comuni che mettono a disposizione piccoli appezzamenti da assegnare per la coltivazione soprattutto a pensionati spiega un comunicato di Coldiretti -, negli Stati Uniti l'orto in terrazzo sta appassionando l'upper class con insalate e pomodori che crescono anche sui tetti di grattacieli e case di New York, San Francisco, Boston'.
Perché l'orto si può fare in un giardino ma anche su un terrazzo o un semplice balcone, poiché il mercato offre moltissime varietà (nane e non) adatte per la coltivazione in vaso: cetrioli, melanzane, peperoncini, pomodori, fagiolini, ecc.
'Non so se è vero, come sostiene una ricerca dell'Università di Uppsala, che coltivare un orto o un giardino allunghi la vita - ha scritto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, il 19 marzo sulla Repubblica -, ma è certo che potrebbe rivoluzionare in positivo le nostre abitudini alimentari e innescare processi virtuosi dalle ricadute che andrebbero molto al di là della nostra casa o del territorio di cui si fa parte. Ci voleva Obama per aprirci gli occhi? Ben venga, a patto però che quegli occhi restino bene aperti, e questo sta solo e soltanto a noi renderlo possibile'.
Soffermandoci sull'orto è possibile individuare almeno quattro differenti categorie di soggetti: gli hobby farmer, gli small farmer, i farmer no farmer e gli urban no farm.
Nell'ordine, gli hobby farmer sono degli agricoltori hobbysti che coltivano non per reale necessità ma per passione, per prendersi cura dell'ambiente, per mangiare cibi più sani. Sono persone che, di norma, tornano alla campagna dopo altre esperienze.
I 'piccoli agricoltori' (small farmer) sono invece coloro che producono ad alto valore aggiunto nelle aree marginali e svantaggiate.
Gli 'agricoltori non agricoltori' (farmer no farmer) si occupano di altre attività ma hanno individuato nell'agricoltura un business interessante, che spesso interpretano in maniera etica e professionale.
Gli urban farmer sono la categoria più 'spregiudicata': a Milano, come in altre città del mondo, stanno nascendo progetti sperimentali gestiti in cooperativa da privati cittadini, per la realizzazione di serre condominiali, anche verticali, che possano garantire circa il 50% di produzione di ortaggi e frutta per il palazzo. Si tratta dell'evoluzione tecnologica degli orti di città. Il risultato è che si assiste in molti casi alla moltiplicazione degli orti realizzati nelle case private o nei terreni pubblici, ovviamente anche sui terrazzi.
Quello del farmer (agricoltore) diventa un 'lavoro/dopolavoro' vissuto da molti come misura antistress, per la propria sicurezza alimentare intesa come approvvigionamento, per passione, per gratificazione personale, per garantirsi anche la qualità del cibo che si porta in tavola o persino per risparmiare.
Secondo uno studio di Coldiretti quasi 4 italiani su 10 dedicano parte del tempo libero al giardinaggio e alla cura dell'orto e proprio in questi giorni, con l'arrivo delle belle stagioni, stanno iniziando a spendere per i lavori di approntamento. Persino il fronte delle amministrazioni pubbliche è sempre più orientato ad alimentare questo interesse concedendo nuove aree per gli orti di periferia. L'attività agricola dunque sta acquisendo dignità e si sta integrando nel contesto produttivo. Questo fenomeno è interessante perché coinvolge dei segmenti di consumi all'avanguardia sotto il profilo socio economico.
L'ultimo aspetto che ci sembra interessante sottolineare è la grande creatività che sta accompagnando il ritorno all'orticoltura cittadina. Come abbiamo già scritto, gli orti urbani messi a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni sono tutti occupati e hanno lunghe liste d'attesa: e allora cosa può fare un cittadino che vuole coltivare un orto?
Le idee alternative non mancano.
Anzitutto il landsharing, un servizio che permette a chi desidera realizzare un orto ma non ha il terreno di incontrare chi ha un po' di terra ma non ha tempo di curarla. Condividendo i frutti dell'orto: una sorta di feudalesimo del 2000 giocato in chiave ambientale.
Il sito Decrescita Felice ha invece lanciato l'idea del 'salorto', cioè l'orto in salotto.
Infine lo scorso 4 aprile la Cascina Santa Brera e la Scuola di Pratiche Sostenibili del Parco Agricolo Sud Milano hanno presentato il progetto 'Adotta un orto': in cambio di un (equo) affitto annuale i milanesi possono adottare un orto e curarlo personalmente, per raccogliere frutta e verdura fresca e di qualità.
In questo scenario i centri specializzati possono giocare un ruolo importantissimo, con ottime possibilità di business.
Sostenere la pratica dell'orticoltura è inoltre un modo innovativo per promuovere i consumi di giardinaggio: è ormai chiaro a tutti che le campagne pubblicitarie finalizzate a promuovere i consumi di fiori in occasione delle ricorrenze (tipo 'regala un fiore alla festa della mamma') generano soltanto consumi saltuari (legati appunto alle feste) e consumatori 'ignoranti'. Promuovere l'orticoltura significa al contrario avvicinare il consumatore a una pratica ecologica ('fai l'orto e sai cosa mangi'), sostenibile ('con l'orto non fai girare i camion') e che affonda le radici nella nostra tradizione. Quando una famiglia, dopo aver sperimentato l'orto domestico, assaggerà i suoi frutti e noterà le differenze di gusto con le verdure 'pompate' che si trovano in GDO, avremo creato un consumatore fedele, convinto e che con ogni probabilità l'anno prossimo sperimenterà nuove coltivazioni, magari ampliando gli spazi. In questo modo, quindi, abbiamo la possibilità di 'costruire' un vero hobbista e non un consumatore che viene nel garden center 4 volte all'anno per comprare solo qualche mazzo di fiori da regalare alla fidanzata, alla mamma, alla donna o da portare al cimitero.
Naturalmente è necessario andare incontro alle necessità di questa nuova esigenza di consumo.
Negli Stati Uniti e nel nord Europa i garden center che hanno ottenuto i migliori risultati hanno creato dei corner dedicati all'orto, radunando tutte le merceologie connesse (sementi, piantine da orto, aromatiche, concimi specifici, serre, attrezzi, ecc.) in un'unica area. Arricchita da scenografie ambientate (l'orto sul terrazzo, l'orto sul balcone, l'orto in giardino, l'orto a quadretti, ecc.) capaci di illustrare l'uso dei prodotti e delle soluzioni studiate dalle aziende (impianti di microirrigazione, serre, balconiere, ecc.) e con un importante servizio di assistenza. Curato da personale preparato, con manuali e schede didattiche e tutto ciò che può servire a dare 'sicurezza' anche al cliente più imbranato.
Le esperienze europee ci insegnano infine che accanto all'orto è intelligente posizionare altri reparti collegati all'autoproduzione alimentare: come le conserve (barattoli e tappi ermetici per conservare marmellate e ortaggi), l'enologia, la birra fatta in casa oppure il pane. Quest'ultimo è un trend attualissimo e gli appassionati hanno difficoltà a trovare nei punti vendita tradizionali i vari tipi di farine o i semi/cereali per caratterizzarlo (sesamo, papavero, ecc.). Se il primo effetto della crisi è lo sviluppo di questi atteggiamenti di consumo, possiamo stare tranquilli perché (se saremo bravi) stiamo entrando nel Rinascimento del gardening italiano.
Il giardinaggio in questi mesi sta diventando un 'protagonista' della comunicazione di massa: forse è prematuro perché passi da Cenerentola a Principessa, ma almeno inizia a diventare un ospite importante della festa.
MICHELLE OBAMA E IL PAPA: I MIGLIORI TESTIMONIAL
Così a fine marzo abbiamo letto sui giornali e visto nei telegiornali che Michelle Obama, la nuova first lady statunitense,ha realizzato un orto nel giardino della Casa Bianca. Parlando ai dipendenti del Dipartimento dell'Agricoltura, Michelle Obama ha lodato i 'community garden' (gli orti comunitari di quartiere) che interrompono la monotonia del cemento e 'forniscono frutta e verdura a tante comunità del nostro Paese e nel mondo. Quando il cibo viene cresciuto localmente, ha un sapore migliore e questo è importante quando hai bambini: dai loro una carota veramente dolce, e penseranno sia una caramella'.
Non solo Michelle Obama ma anche Papa Ratzinger preferisce utilizzare frutta e verdura provenienti dal suo orto personale. Naturalmente non la coltiva personalmente. In un'intervista pubblicatail 22 ottobre scorso su L'Osservatore Romano, Elio Cortellessa che da 35 anni cura i Giardini Vaticani ha dichiarato: 'Nei nostri giardini c'è un piccolo orto, proprio accanto al monastero Mater Ecclesiae, che serve al fabbisogno giornaliero del Papa. Vi si coltiva verdura e frutta: naturali al 100% ovviamente, in quanto per l'orto non utilizziamo trattamenti chimici e adoperiamo solo concime organico'.
Il giardinaggio è quindi politically correct e trasversale ai diversi colori delle fazioni politiche.
Grazie all'azione comunicazionale di Coldiretti (rilanciata dai principali mass media), abbiamo scoperto che fare l'orto e curare il giardino allunga la vita: lo sostiene una ricerca condotta in 35 anni dall'Università di Uppsala (in Svezia) e pubblicata sul British Medical Journal.
Secondo importanti sociologi coltivare l'orto diventa un momento di sicurezza, di autonomia reale dalla crisi, di autosufficienza alimentare e indipendenza. Già nella crisi del 1929, che durò circa un decennio, circa il 40% di tutti gli ortaggi e frutti prodotti negli Stati Uniti aveva come origine l'orto o il frutteto domestico.
Dovrebbe far riflettere l'emersione di nuovi consumatori che vogliono investire il proprio tempo libero nel verde, per un'esigenza personale, per modificare il proprio stile di vita in chiave naturale, per mangiare meglio, per rispettare l'ambiente.
E questo non può che fare piacere a chi vende prodotti dedicati al giardinaggio.
UN FENOMENO MONDIALE
Non solo in Italia si parla di orticoltura: il tema è di grande attualità a livello mondiale. Anzi in alcuni paesi sono già nati dei progetti concreti.
Per esempio in Inghilterra, in vista delle prossime Olimpiadi del 2012, la città di Londra ha avviato un interessante progetto, Capital Growth, finalizzato a creare 2012 nuovi giardini da destinare essenzialmente alla produzione di ortaggi e frutta per i londinesi e per gli atleti. I cittadini riceveranno finanziamenti e set di attrezzi da giardino e compostiere per riqualificare aree verdi abbandonate della città e convertire i tetti delle case in veri e propri orti cittadini. Il sindaco di Londra vuole promuovere la coltivazione di cibo 'km O', combattere l'aumento dei prezzi degli ortaggi e salvaguardare l'ambiente. Anche il National Trust, in Gran Bretagna, ha messo a disposizione dei cittadini 1.000 appezzamenti di terreno in grado di produrre 2,6 milioni di cespi di lattuga.
In tutta l'Inghilterra sono circa 300.000 i cittadini che gestiscono un 'allotmet' e molte migliaia sono in lista d'attesa. Dopo un calo di attenzione negli anni Ottanta e Novanta (quando gli ortaggi nei supermercati avevano un prezzo molto basso in tutte le stagioni), gli orti cittadini sono tornati di moda.
Thompson Morgan e Suttons Seeds, due delle principali aziende di sementi britanniche, indicano una costante crescita di sementi da orto negli ultimi cinque anni: secondo la Horticultural Trades Association nel 2007 gli inglesi hanno speso per le sementi circa 62 milioni di sterline (più di 70 milioni di euro), dei quali il 60/70% è andato ai semi per frutta e verdura. In Inghilterra le vendite di alberi da frutta e di sementi per vegetali commestibili sono cresciute rispettivamente del 43% e del 13% rispetto al 2006.
Durante l'inaugurazione delGlee di Birmingham, ha colpito tutti la dichiarazione di Tim Smit, direttore di Eden Gardens: 'Tra dieci anni il settore più importante al mondo sarà quello orticolo'.
In Inghilterra stanno 'fiorendo' nuove iniziative ogni giorno: il 10 luglio prossimo verrà organizzato il primo Grande Pranzo durante il quale i cittadini si incontreranno per un pranzo collettivo a base di ortaggi e frutti coltivati negli orti urbani.
Molto interessante anche il progetto Raccolto per il Negozio che promuove il Food Yards and Garden of Origin Marketing: i proprietari di un orto possono vendere ai supermercati la frutta e la verdura coltivati a un prezzo pari al 50% di quello applicato dal punto vendita. I rivenditori evidenziano queste produzioni (km O) e li vendono con un prezzo inferiore del 10% rispetto a quello abituale dell'ortofrutta tradizionale.
London Food Strategy ha reso noto che i terreni agricoli a Londra sono diminuiti del 30% tra il 1965 e il 1997 a causa dello sviluppo urbano e che ben il 97% delle varietà di frutta e ortaggi inglesi è andato perso dal 1900 ad oggi.
Negli Stati Uniti ritroviamo lo stesso scenario: secondo la National Gardening Association gli americani hanno speso nel 2007 circa 1,4 miliardi di dollari per la coltivazione in proprio, con un incremento del 25% rispetto al 2006. Nel 2008 Burpee Seeds, la più grande azienda americana di sementi, ha raddoppiato le vendite rispetto all'anno precedente.
Nella vicina Svizzera sono circa 60.000 gli affidatari di orti urbani concessi dall'Amministrazione Pubblica e, secondo Familien Gaertner (l'Associazione che riunisce i gestori di giardini familiari) ci sono liste d'attesa molto lunghe e molte nuove richieste.
LA NOVITÀ SONO I GIOVANI
L'orto domestico è la vera 'filiera corta di qualità': è più ecosostenibile dei farm market e del “km O”. L'orto domestico è il 'metro O'.
I centri giardinaggio americani, australiani e nord europei hanno già ampliato da tempo l'offerta verso l'orticoltura e la frutticoltura, diventando i 'guru' dei loro clienti. Come ha spiegato John Stanley negli Stati Uniti funzionano benissimo i reparti Grown & Cut (coltiva e taglia), in cui le piante orticole vengono vendute già con i frutti sviluppati: piante con pomodori che il consumatore può già cogliere la sera stessa.
'Se in Italia sono sempre più numerosi i comuni che mettono a disposizione piccoli appezzamenti da assegnare per la coltivazione soprattutto a pensionati spiega un comunicato di Coldiretti -, negli Stati Uniti l'orto in terrazzo sta appassionando l'upper class con insalate e pomodori che crescono anche sui tetti di grattacieli e case di New York, San Francisco, Boston'.
Perché l'orto si può fare in un giardino ma anche su un terrazzo o un semplice balcone, poiché il mercato offre moltissime varietà (nane e non) adatte per la coltivazione in vaso: cetrioli, melanzane, peperoncini, pomodori, fagiolini, ecc.
'Non so se è vero, come sostiene una ricerca dell'Università di Uppsala, che coltivare un orto o un giardino allunghi la vita - ha scritto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, il 19 marzo sulla Repubblica -, ma è certo che potrebbe rivoluzionare in positivo le nostre abitudini alimentari e innescare processi virtuosi dalle ricadute che andrebbero molto al di là della nostra casa o del territorio di cui si fa parte. Ci voleva Obama per aprirci gli occhi? Ben venga, a patto però che quegli occhi restino bene aperti, e questo sta solo e soltanto a noi renderlo possibile'.
QUALE CONSUMATORE?
Soffermandoci sull'orto è possibile individuare almeno quattro differenti categorie di soggetti: gli hobby farmer, gli small farmer, i farmer no farmer e gli urban no farm.
Nell'ordine, gli hobby farmer sono degli agricoltori hobbysti che coltivano non per reale necessità ma per passione, per prendersi cura dell'ambiente, per mangiare cibi più sani. Sono persone che, di norma, tornano alla campagna dopo altre esperienze.
I 'piccoli agricoltori' (small farmer) sono invece coloro che producono ad alto valore aggiunto nelle aree marginali e svantaggiate.
Gli 'agricoltori non agricoltori' (farmer no farmer) si occupano di altre attività ma hanno individuato nell'agricoltura un business interessante, che spesso interpretano in maniera etica e professionale.
Gli urban farmer sono la categoria più 'spregiudicata': a Milano, come in altre città del mondo, stanno nascendo progetti sperimentali gestiti in cooperativa da privati cittadini, per la realizzazione di serre condominiali, anche verticali, che possano garantire circa il 50% di produzione di ortaggi e frutta per il palazzo. Si tratta dell'evoluzione tecnologica degli orti di città. Il risultato è che si assiste in molti casi alla moltiplicazione degli orti realizzati nelle case private o nei terreni pubblici, ovviamente anche sui terrazzi.
Quello del farmer (agricoltore) diventa un 'lavoro/dopolavoro' vissuto da molti come misura antistress, per la propria sicurezza alimentare intesa come approvvigionamento, per passione, per gratificazione personale, per garantirsi anche la qualità del cibo che si porta in tavola o persino per risparmiare.
Secondo uno studio di Coldiretti quasi 4 italiani su 10 dedicano parte del tempo libero al giardinaggio e alla cura dell'orto e proprio in questi giorni, con l'arrivo delle belle stagioni, stanno iniziando a spendere per i lavori di approntamento. Persino il fronte delle amministrazioni pubbliche è sempre più orientato ad alimentare questo interesse concedendo nuove aree per gli orti di periferia. L'attività agricola dunque sta acquisendo dignità e si sta integrando nel contesto produttivo. Questo fenomeno è interessante perché coinvolge dei segmenti di consumi all'avanguardia sotto il profilo socio economico.
LA FANTASIA NON MANCA
L'ultimo aspetto che ci sembra interessante sottolineare è la grande creatività che sta accompagnando il ritorno all'orticoltura cittadina. Come abbiamo già scritto, gli orti urbani messi a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni sono tutti occupati e hanno lunghe liste d'attesa: e allora cosa può fare un cittadino che vuole coltivare un orto?
Le idee alternative non mancano.
Anzitutto il landsharing, un servizio che permette a chi desidera realizzare un orto ma non ha il terreno di incontrare chi ha un po' di terra ma non ha tempo di curarla. Condividendo i frutti dell'orto: una sorta di feudalesimo del 2000 giocato in chiave ambientale.
Il sito Decrescita Felice ha invece lanciato l'idea del 'salorto', cioè l'orto in salotto.
Infine lo scorso 4 aprile la Cascina Santa Brera e la Scuola di Pratiche Sostenibili del Parco Agricolo Sud Milano hanno presentato il progetto 'Adotta un orto': in cambio di un (equo) affitto annuale i milanesi possono adottare un orto e curarlo personalmente, per raccogliere frutta e verdura fresca e di qualità.
LE OPPORTUNITÀ PER I CENTRI SPECIALIZZATI
In questo scenario i centri specializzati possono giocare un ruolo importantissimo, con ottime possibilità di business.
Sostenere la pratica dell'orticoltura è inoltre un modo innovativo per promuovere i consumi di giardinaggio: è ormai chiaro a tutti che le campagne pubblicitarie finalizzate a promuovere i consumi di fiori in occasione delle ricorrenze (tipo 'regala un fiore alla festa della mamma') generano soltanto consumi saltuari (legati appunto alle feste) e consumatori 'ignoranti'. Promuovere l'orticoltura significa al contrario avvicinare il consumatore a una pratica ecologica ('fai l'orto e sai cosa mangi'), sostenibile ('con l'orto non fai girare i camion') e che affonda le radici nella nostra tradizione. Quando una famiglia, dopo aver sperimentato l'orto domestico, assaggerà i suoi frutti e noterà le differenze di gusto con le verdure 'pompate' che si trovano in GDO, avremo creato un consumatore fedele, convinto e che con ogni probabilità l'anno prossimo sperimenterà nuove coltivazioni, magari ampliando gli spazi. In questo modo, quindi, abbiamo la possibilità di 'costruire' un vero hobbista e non un consumatore che viene nel garden center 4 volte all'anno per comprare solo qualche mazzo di fiori da regalare alla fidanzata, alla mamma, alla donna o da portare al cimitero.
Naturalmente è necessario andare incontro alle necessità di questa nuova esigenza di consumo.
Negli Stati Uniti e nel nord Europa i garden center che hanno ottenuto i migliori risultati hanno creato dei corner dedicati all'orto, radunando tutte le merceologie connesse (sementi, piantine da orto, aromatiche, concimi specifici, serre, attrezzi, ecc.) in un'unica area. Arricchita da scenografie ambientate (l'orto sul terrazzo, l'orto sul balcone, l'orto in giardino, l'orto a quadretti, ecc.) capaci di illustrare l'uso dei prodotti e delle soluzioni studiate dalle aziende (impianti di microirrigazione, serre, balconiere, ecc.) e con un importante servizio di assistenza. Curato da personale preparato, con manuali e schede didattiche e tutto ciò che può servire a dare 'sicurezza' anche al cliente più imbranato.
Le esperienze europee ci insegnano infine che accanto all'orto è intelligente posizionare altri reparti collegati all'autoproduzione alimentare: come le conserve (barattoli e tappi ermetici per conservare marmellate e ortaggi), l'enologia, la birra fatta in casa oppure il pane. Quest'ultimo è un trend attualissimo e gli appassionati hanno difficoltà a trovare nei punti vendita tradizionali i vari tipi di farine o i semi/cereali per caratterizzarlo (sesamo, papavero, ecc.). Se il primo effetto della crisi è lo sviluppo di questi atteggiamenti di consumo, possiamo stare tranquilli perché (se saremo bravi) stiamo entrando nel Rinascimento del gardening italiano.
UNA CONFERENZA PER PROMUOVERE L’ORTICOLTURA URBANA | |
Dal 9 al 13 giugno si terrà a Bologna la seconda Conferenza internazionale sul paesaggio e l'orticoltura urbana, presso la Facoltà di Agraria di Alma Mater Studiorum dell'Università di Bologna. Organizzato dall'International Society for Horticultural Sciences (Ishs) e della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (Soi), il convegno presenterà e metterà a confronti diversi studi ed esperienze di orticoltura urbana e di gestione di specie orticole in ambienti cittadini. La conferenza è organizzata in sette sessioni, che tratteranno vari temi, come La produzione di fiori e frutta nelle città e per le città, Orticoltura e paesaggio urbano, Tetti giardini pensili e vertical garden e L'orticoltura urbana incontra l'architettura. |
LONDRA: 2012 NUOVI GIARDINI ENTRO IL 2012 | |
In vista delle prossime Olimpiadi del 2012, la città di Londra ha avviato un interessante progetto, Capital Growth, finalizzato a creare 2012 nuovi giardini. Promosso da London Food e sostenuto dal Comune di Londra, Capital Growth incentiverà economicamente i londinesi per riqualificare aree verdi comunali e convertire i tetti degli appartamenti in orti cittadini. London Decelopment Agency finanzierà con 87.000 sterline i primi 50 spazi verdi da riqualificare. Tra gli aiuti è prevista anche la fornitura di attrezzi da giardinaggio e compostiere. Gli orti saranno utilizzati sia per i londinesi sia per l'alimentazione degli atleti dell'Olimpiade, con l'obiettivo di ridurre l'emissione di anidride carbonica in atmosfera determinata dai trasporti. |
C’E’ LA CRISI MA GLI EUROPEI NON RISPARMIANO SULLA SALUTE | |
Obervatoire Cetelem ha fotografato i comportamenti dei consumatori europei di fronte alla crisi. Tra i risultati emersi colpisce la disponibilità di spesa (20%) per l'alimentazione naturale e la salute. Il 79% degli intervistati ha dichiarato di combattere il minore potere d'acquisto rivolgendosi ai discount e preferendo prodotti di costo inferiore (76%). Il 67% fa acquisti su internet, il 65% lavora di più, il 36% diminuisce il suo risparmio e il 21% ricorre al credito. Solo il 9% riduce le spese su prodotti e servizi che considerano meno prioritari. |
IL CONSIGLIO DI JOHN STANLEY | |
Una delle difficoltà per i consumatori è la 'paura'. Vorrebbero coltivare frutta e verdura ma hanno paura di commettere errori. Nei programmi televisivi americani dedicati al giardinaggio più del 70% delle telefonate riguardano preoccupazioni relative a infestazioni e malattie del frutteto e dell'orto. I garden center devono quindi dare un aiuto concreto e veramente valido per dare sicurezza al cliente. In questo senso rappresenta un ottimo esempio il sito internet statunitense Garden Girl Tv curato da Patti Moreno che presenta una serie di video didattici destinati a un pubblico giovane, in cui svela i misteri della coltivazione della frutta e della verdura in un ambiente urbano. Patti Moreno sottolinea sempre la facilità dei vari interventi, riuscendo a infondere fiducia e voglia di fare ai telespettatori. Dalle esperienze che ho condotto su alcuni garden center, abbiamo notato un aumento delle vendite del 40% semplicemente disponendo un reparto di frutta e verdura in prossimità dell'area di vendita esterna: la gente vede frutta e ortaggi ed entra nel garden per saperne di più. |
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