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Multicanalità e e-commerce: la seconda rivoluzione del retail
Il 6 e 7 giugno si sono incontrati a Roma i top manager delle più importanti imprese di retail specializzate nel diy per discutere di multicanalità: ovvero dell’incidenza sul commercio delle nuove tecnologie (internet, smartphone, tablet, ecc.) e del nuovo modo di relazionarsi all’acquisto del consumatore (dalla raccolta delle informazioni all’analisi dei prezzi). “L’avvento dell’e-commerce – ha aperto così il convegno John Herbert, segretario generale di Edra, l’Associazione che riunisce i retailer europei, organizzatrice del Summit – è la seconda rivoluzione dopo il self service”. Ed è proprio così. Prima c’erano i negozi tradizionali: dovevano preoccuparsi soltanto di avere una bella location e un’ampia disponibilità di prodotti. L’avvento del libero servizio ha generato il retail moderno, che ha affiancato alle due leve del tradizionale quelle delle migliori condizioni di acquisto, la comunicazione di massa, le private label, un’efficiente logistica, prezzi più competitivi, ecc. L’e-commerce è la seconda rivoluzione e – grazie alle nuove tecnologie – affianca a tutte le leve attuali anche quelle della comunicazione personalizzata con il consumatore, un’offerta di prodotti infinita, le private label 2.0, una consegna a domicilio personalizzata, prezzi ancora più bassi, ecc. Siamo di fronte a una profonda rivoluzione e Charles Darwin diceva “Non è la specie più forte o intelligente che sopravvive, ma quella più adattabile al cambiamento”.
Analizzando soltanto i dati relativi ai prodotti di largo consumo (esclusi quindi biglietti, viaggi, scommesse, ecc.) il 34% dell’e-commerce mondiale viene sviluppato in Europa, contro il 29% degli Usa e il 27% dell’Asia.
L’Inghilterra è il paese più avanzato e nel 2012 l’e-commerce ha superato la soglia del 10% di quota di mercato sul mercato retail totale, con un giro d’affari di 35 miliardi di sterline. Negli Usa la quota di mercato dell’e-commerce è dell’8%, il 7% in Olanda, Svezia, Germania e Francia. Nel Regno Unito è impressionante la velocità con cui si è affermato l’e-commerce: nel 2006 aveva un fatturato di 13 miliardi di sterline e una quota di mercato del 4% ed è stimata una crescita entro il 2017 a 59 miliardi di sterline, pari al 16% di market share.
In merito al mercato del diy, le vendite si sono fermate nel 2012 al +1,9%, mentre le vendite online sono aumentate dell’11%. E non sarà un caso che Amazon in Inghilterra ha ampliato l’offerta di diy, con oltre 900.000 referenze, con brand importanti e una leadership nel prezzo.
In Italia l’e-commerce è cresciuto del 12% nel 2012, inoltre si prevede che entro il 2015 il 50% degli europei effettueranno acquisti online.
L’e-commerce non ha spazzato via i retailer specializzati: è un nuovo canale e ha soltanto conquistato una buona fetta del mercato. Come ha dichiarato Sebastian James, amministratore di Doxons Retail, “Amazon non sta mangiando il nostro pasto, ma lo sta rendendo meno gustoso”.
La sempre maggiore penetrazione in Italia di smartphone (il 50% degli italiani ne possiede uno) e tablet (5%) – i cosiddetti device mobile – sta determinando il successo delle applicazioni: si stima che nei prossimi 4 anni il numero di utenti internet che accedono da mobile supererà gli accessi via pc. Mediamente si stima che in Italia il 5% delle vendite complessive dell’e-commerce avviene via mobile e nell’ambito della multicanalità è fondamentale l’integrazione tra sito internet e applicazioni: per esempio la possibilità di accedere e integrare il “mio carrello” da diversi dispositivi. In particolare i tablet sembrano lo strumento migliore per l’e-commerce e per la ricerca e confronto dei prezzi online. L’aumento delle vendite nel quarto trimestre 2012 (+75%) indica una veloce affermazione nei prossimi anni del tablet commerce.
Il commercio mobile è trainato anche dalla tendenza degli italiani a navigare mentre guardano la tv: lo fa il 52%. Negli Usa eBay ha lanciato l’app per tablet Watch with eBay che permette di sincronizzare il canale tv che si sta guardando e acquistare i prodotti pubblicizzati: l’hanno scaricata in 35.000. Non si può dimenticare la geolocalizzazione: in questo senso le app sono strumenti utilissimi per i retailer. TikTok (www.tiktok.com) offre una piattaforma gratuita per indirizzare il traffico nei punti vendita attraverso un’azione di social couponing: grazie alla geolocalizzazione, gli utenti interessati ricevono omaggi e promozioni sullo smartphone e scelgono se visitare il negozio in zona e riscattare l’offerta.
I leader del diy e la multicanalità
Nel corso del Global Diy Summit di Roma le più importanti catene europpe di bricolage hanno illustrato le proprie politiche di sviluppo in questo nuovo contesto. Ian Chesire, ceo dell’inglese Kingfisher (che controlla insegne come B&Q, Castorama,Brico Depot e Screwfix), non parla di Multicanalità ma di Omnicanalità. Quindi non canali separati, ma canali integrati: web, social e punto vendita.
Castorama offre un innovativo servizio di progettazione di bagno e cucina in 3D e il sito offre la possibilità di verificare la disponibilità dei prodotti nei punti vendita. B&Q ha un’app con consigli e suggerimenti, che permette di selezionare e acquistare i prodotti, leggere le recensioni degli altri consumatori e – in caso di mancanza del prodotto nel punto vendita – suggerisce gli articoli in alternativa o la consegna a domicilio. B&Q ha sviluppato 7 milioni di sterline sulla rete e offre la consegna gratuita sopra le 50 sterline. Infine Screwfix non disdegna l’export e consegna in 20 paesi con un catalogo di 16.000 referenze: più del 30% degli ordini arriva da smartphone. Inoltre Screwfix ha realizzato per i clienti professionali la carta di credito Trade Uk: fino a 60 giorni di credito gratuito, nessun canone annuale, limiti di credito flessibili, card aggiuntive per i dipendenti, estratti conto mensili e online è naturalmente possibile consultare il conto, scaricare i pdf delle fatture, gestire le card, effettuare pagamenti e adeguare i limiti di spesa. Sergio Giroldi, ceo della tedesca Obi, ha sottolineato come in Germania i confini tra i vari canali siano spariti: Ikea e Amazon sono dei competitor e Lidl è un leader nella vendita di idropulitrici. Per Damien Deleplanque, amministratore della francese Groupe Adeo (nr 1 in Europa con insegne come Leroy Merlin, Bricocenter, Bricoman, Weldom,Aki, ecc.) l’e-commerce è una via per una crescita significativa e una sfida. Va anche ricordato che Adeo negli ultimi anni ha acquistato numerosi siti di “pure player”, come Lightonline.fr, Decoclico.fr, Deco-smart.com, Delamaison.fr e Homes-up.com. Anche se Deleplanque sostiene di credere maggiormente nei retail multicanale che nei pure player.
In questo scenario emergono delle linee di tendenza comuni per i retailer: a partire dal ridimensionamento dei punti vendita, con un’offerta infinita grazie alla rete. Un’altra tendenza è lo sviluppo di private label, cioè prodotti a marchio del distributore, quindi articoli esclusivi e non reperibili online. Altri step sono: il miglioramento del servizio, la personalizzazione dei tempi di consegna e la disponibilità online in tempo reale delle disponibilità nel punto vendita. Quest'ultimo è un accorgimento utile per i consumatori ma anche per gli addetti alla vendita, che in pochi click possono sapere dai loro tablet se un prodotto è fuori stock o meno. Quindi meno possibilità di scelta, ma più aiuto nella scelta: instaurare un rapporto di vera collaborazione con il cliente. Se sappiamo che mediamente negli Usa un trapano si usa per 6 minuti nella vita, perché consigliare un costoso prodotto professionale a chi non ne ha bisogno?
Infine è naturalmente importante ottimizzare la mobile experience per coinvolgere in tempo reale i consumatori.
Anche i produttori possono aiutare i rivenditori “fisici”, in questo difficile momento di evoluzione. Per esempio creando delle presentazioni dei prodotti in un’ottica multicanale: comprendendo, accanto ai depliant, schede online e video, che i retail possano utilizzare nel punto vendita e nell’attività di social media marketing. In ultima analisi è sempre più fondamentale – per alcune tipologie di prodotto – la disponibilità a consegnare direttamente al consumatore, permettendo al retailer, da un certo punto di vista, di disporre di un magazzino nel punto vendita e uno direttamente dal produttore (long tail stock holding), dal quale far partire le consegne a domicilio (frutto dell’e-commerce o dell’attività del punto vendita). I brand naturalmente sono liberissimi di sviluppare attività di e-commerce, per colmare i gap della rete distributiva. Ma devono farlo con una politica dei prezzi chiara, a supporto dell’alto livello di servizio offerto ogni giorno dai retailer.
E-commerce: vale quasi il 10% del mercato retail
Analizzando soltanto i dati relativi ai prodotti di largo consumo (esclusi quindi biglietti, viaggi, scommesse, ecc.) il 34% dell’e-commerce mondiale viene sviluppato in Europa, contro il 29% degli Usa e il 27% dell’Asia.
L’Inghilterra è il paese più avanzato e nel 2012 l’e-commerce ha superato la soglia del 10% di quota di mercato sul mercato retail totale, con un giro d’affari di 35 miliardi di sterline. Negli Usa la quota di mercato dell’e-commerce è dell’8%, il 7% in Olanda, Svezia, Germania e Francia. Nel Regno Unito è impressionante la velocità con cui si è affermato l’e-commerce: nel 2006 aveva un fatturato di 13 miliardi di sterline e una quota di mercato del 4% ed è stimata una crescita entro il 2017 a 59 miliardi di sterline, pari al 16% di market share.
In merito al mercato del diy, le vendite si sono fermate nel 2012 al +1,9%, mentre le vendite online sono aumentate dell’11%. E non sarà un caso che Amazon in Inghilterra ha ampliato l’offerta di diy, con oltre 900.000 referenze, con brand importanti e una leadership nel prezzo.
In Italia l’e-commerce è cresciuto del 12% nel 2012, inoltre si prevede che entro il 2015 il 50% degli europei effettueranno acquisti online.
L’e-commerce non ha spazzato via i retailer specializzati: è un nuovo canale e ha soltanto conquistato una buona fetta del mercato. Come ha dichiarato Sebastian James, amministratore di Doxons Retail, “Amazon non sta mangiando il nostro pasto, ma lo sta rendendo meno gustoso”.
La rete è “mobile”
La sempre maggiore penetrazione in Italia di smartphone (il 50% degli italiani ne possiede uno) e tablet (5%) – i cosiddetti device mobile – sta determinando il successo delle applicazioni: si stima che nei prossimi 4 anni il numero di utenti internet che accedono da mobile supererà gli accessi via pc. Mediamente si stima che in Italia il 5% delle vendite complessive dell’e-commerce avviene via mobile e nell’ambito della multicanalità è fondamentale l’integrazione tra sito internet e applicazioni: per esempio la possibilità di accedere e integrare il “mio carrello” da diversi dispositivi. In particolare i tablet sembrano lo strumento migliore per l’e-commerce e per la ricerca e confronto dei prezzi online. L’aumento delle vendite nel quarto trimestre 2012 (+75%) indica una veloce affermazione nei prossimi anni del tablet commerce.
Il commercio mobile è trainato anche dalla tendenza degli italiani a navigare mentre guardano la tv: lo fa il 52%. Negli Usa eBay ha lanciato l’app per tablet Watch with eBay che permette di sincronizzare il canale tv che si sta guardando e acquistare i prodotti pubblicizzati: l’hanno scaricata in 35.000. Non si può dimenticare la geolocalizzazione: in questo senso le app sono strumenti utilissimi per i retailer. TikTok (www.tiktok.com) offre una piattaforma gratuita per indirizzare il traffico nei punti vendita attraverso un’azione di social couponing: grazie alla geolocalizzazione, gli utenti interessati ricevono omaggi e promozioni sullo smartphone e scelgono se visitare il negozio in zona e riscattare l’offerta.
I leader del diy e la multicanalità
Nel corso del Global Diy Summit di Roma le più importanti catene europpe di bricolage hanno illustrato le proprie politiche di sviluppo in questo nuovo contesto. Ian Chesire, ceo dell’inglese Kingfisher (che controlla insegne come B&Q, Castorama,Brico Depot e Screwfix), non parla di Multicanalità ma di Omnicanalità. Quindi non canali separati, ma canali integrati: web, social e punto vendita.Castorama offre un innovativo servizio di progettazione di bagno e cucina in 3D e il sito offre la possibilità di verificare la disponibilità dei prodotti nei punti vendita. B&Q ha un’app con consigli e suggerimenti, che permette di selezionare e acquistare i prodotti, leggere le recensioni degli altri consumatori e – in caso di mancanza del prodotto nel punto vendita – suggerisce gli articoli in alternativa o la consegna a domicilio. B&Q ha sviluppato 7 milioni di sterline sulla rete e offre la consegna gratuita sopra le 50 sterline. Infine Screwfix non disdegna l’export e consegna in 20 paesi con un catalogo di 16.000 referenze: più del 30% degli ordini arriva da smartphone. Inoltre Screwfix ha realizzato per i clienti professionali la carta di credito Trade Uk: fino a 60 giorni di credito gratuito, nessun canone annuale, limiti di credito flessibili, card aggiuntive per i dipendenti, estratti conto mensili e online è naturalmente possibile consultare il conto, scaricare i pdf delle fatture, gestire le card, effettuare pagamenti e adeguare i limiti di spesa. Sergio Giroldi, ceo della tedesca Obi, ha sottolineato come in Germania i confini tra i vari canali siano spariti: Ikea e Amazon sono dei competitor e Lidl è un leader nella vendita di idropulitrici. Per Damien Deleplanque, amministratore della francese Groupe Adeo (nr 1 in Europa con insegne come Leroy Merlin, Bricocenter, Bricoman, Weldom,Aki, ecc.) l’e-commerce è una via per una crescita significativa e una sfida. Va anche ricordato che Adeo negli ultimi anni ha acquistato numerosi siti di “pure player”, come Lightonline.fr, Decoclico.fr, Deco-smart.com, Delamaison.fr e Homes-up.com. Anche se Deleplanque sostiene di credere maggiormente nei retail multicanale che nei pure player.
I passi dei “negozi fisici” verso la multicanalità
In questo scenario emergono delle linee di tendenza comuni per i retailer: a partire dal ridimensionamento dei punti vendita, con un’offerta infinita grazie alla rete. Un’altra tendenza è lo sviluppo di private label, cioè prodotti a marchio del distributore, quindi articoli esclusivi e non reperibili online. Altri step sono: il miglioramento del servizio, la personalizzazione dei tempi di consegna e la disponibilità online in tempo reale delle disponibilità nel punto vendita. Quest'ultimo è un accorgimento utile per i consumatori ma anche per gli addetti alla vendita, che in pochi click possono sapere dai loro tablet se un prodotto è fuori stock o meno. Quindi meno possibilità di scelta, ma più aiuto nella scelta: instaurare un rapporto di vera collaborazione con il cliente. Se sappiamo che mediamente negli Usa un trapano si usa per 6 minuti nella vita, perché consigliare un costoso prodotto professionale a chi non ne ha bisogno?
Infine è naturalmente importante ottimizzare la mobile experience per coinvolgere in tempo reale i consumatori.
Cosa fanno i produttori per aiutare il trade?
Anche i produttori possono aiutare i rivenditori “fisici”, in questo difficile momento di evoluzione. Per esempio creando delle presentazioni dei prodotti in un’ottica multicanale: comprendendo, accanto ai depliant, schede online e video, che i retail possano utilizzare nel punto vendita e nell’attività di social media marketing. In ultima analisi è sempre più fondamentale – per alcune tipologie di prodotto – la disponibilità a consegnare direttamente al consumatore, permettendo al retailer, da un certo punto di vista, di disporre di un magazzino nel punto vendita e uno direttamente dal produttore (long tail stock holding), dal quale far partire le consegne a domicilio (frutto dell’e-commerce o dell’attività del punto vendita). I brand naturalmente sono liberissimi di sviluppare attività di e-commerce, per colmare i gap della rete distributiva. Ma devono farlo con una politica dei prezzi chiara, a supporto dell’alto livello di servizio offerto ogni giorno dai retailer.
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